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Iahvè (origine incerta). 

È il nome proprio che gli Ebrei dànno a Dio, che è anche chiamato frequentemente Elohim (= il nome semitico che indica comunemente Dio). Il nome « Iahvè » si trova nei racconti della creazione e dei patriarchi (cf Gn 2,4; 4,26; 12,8; 26,25). Potrebbe, però, essere un anacronismo, essere, cioè, un nome dato a Dio in una data posteriore, quando le tradizioni e i testi originali furono poi composti da un redattore chiamato iahvista. Secondo un altro redattore (chiamato elohista, perché fino allora aveva usato il nome « Elohim » per designare Dio), Iahvè come nome di Dio fu rivelato per la prima volta a Mosè e fu spiegato come « Io sono colui che sono », o « Io sarò quello che sarò » (Es 3,13‑15). Comunque, invece di aver ricevuto il nome « Iahvè » da una rivelazione speciale, gli Israeliti potrebbero averlo mutuato da altri. Se lo si intende in senso causativo, cioè come « colui che fa essere », il nome indica Dio come creatore e signore della storia. Verso la fine dell'esilio di Babilonia (587‑538 a.C.), gli Ebrei cessarono di pronunciare questo nome e lo scrissero col tetragramma (Gr. « parola di quattro lettere ») YHWH. Ogni volta che lo incontravano, invece di nominarlo, dicevano: « Adonài » (Ebr. « Signore »). Un rispetto del genere per il nome di Dio è manifestato nelle versioni che traducono « Iahvè » con « Signore ». Cf Israele; Pentateuco; Geova.

Icona (Gr. « immagine »). 

Immagine sacra, dipinta sul legno o formata da un mosaico. Le icone sono normalmente dipinti piatti, anche se alle volte i contorni degli abiti possono essere dipinti su uno scudo protettivo. Più che rappresentare realisticamente persone o scene, le icone le presentano simbolicamente ed hanno una funzione integrativa per il culto sia privato che pubblico nelle Chiese orientali. I produttori delle icone rimangono spesso anonimi perché è centrale la fedeltà alla tradizione più che l'originalità. Gli artisti creano queste opere come un'attività religiosa e vi si preparano con la preghiera e il digiuno. La venerazione per le icone non si riferisce alle immagini in sé, ma alle persone sacre che rappresentano; il Dio vivente, la Vergine Maria, gli angeli o i Santi. Cf Adorazione; Culto; Teologia orientale; Venerazione dei santi.

Iconoclasmo (Gr. « distruzione delle immagini »).

Un movimento ostile all'uso delle immagini nel culto cristiano che turbò l'impero bizantino dal 725 circa all'843. In una prima fase, le icone furono distrutte in quanto ritenute inconciliabili con la fede cristiana e oggetto di scandalo per gli Ebrei e per i Musulmani. Dal monastero di San Saba, vicino a Gerusalemme, san Giovanni Damasceno (circa 675 ‑ circa 749) sostenne che l'uso delle immagini per rappresentare Cristo ed altre persone sacre era una conseguenza necessaria dell'incarnazione. Dopo che l'iconoclasmo fu accettato dal sinodo eretico di Ieria (753), il concilio ecumenico di Nicea II (787) riabilitò le immagini e la loro venerazione (DS 600‑603; 2532; FCC 7.336‑7.338). In una seconda fase della crisi (814‑843), le icone, mentre furono tollerate per intenti didattici, non furono ritenute convenienti per il culto pubblico e perciò vennero rimosse dalle chiese. Fin dall'inizio, i monaci furono perseguitati e talvolta uccisi dagli iconoclasti. Una difesa importante delle immagini si ebbe anche con san Teodoro Studita (759‑826). Per segnare la fine della controversia, fu stabilita la Festa dell'Ortodossia ed è tuttora celebrata la prima domenica di Quaresima nelle Chiese Orientali. Cf Concilio di Nicea II; Immagine di Dio; Islamismo; Ortodossia.

Iconostasi (Gr. « collocamento di immagine »). 

Nelle chiese d'Oriente, si tratta di uno schermo o muro con icone che separa la navata dal presbiterio. Il presbiterio simboleggia il cielo; la navata, la terra. Però, entrambi si trovano sotto lo stesso tetto, per indicare che nella liturgia noi della terra siamo uniti col cielo. L'iconostasi ha tre porte: la porta regale, al centro, riservata al celebrante principale, vescovo o presbitero, porta direttamente all'altare; la porta di destra conduce al diakonikon, una specie di sacrestia per i diaconi che assistono il celebrante; la porta di sinistra conduce alla prothesis, o stanza riservata per la preparazione dei doni.

Idealismo. 

Qualsiasi interpretazione comprensiva della realtà e della storia in cui predominano le idee e gli ideali sull'esperienza concreta e sugli oggetti percepiti esternamente. Più specificamente, l'idealismo si riferisce a qualsiasi sistema filosofico che abbracci tutto sotto la coscienza, il pensiero e la ragione. In questo senso, l'idealismo si oppone al realismo di senso comune, come anche al naturalismo e al materialismo, che interpretano il reale come costituito, rispettivamente, di natura e di materia. L'idealismo ha subìto molte variazioni, da Platone (427‑347 a.C.) che riteneva inaffidabile l'esperienza del mondo sensibile e trovava la vera conoscenza nel regno più elevato delle idee eterne, a Giorgio Guglielmo Federico Hegel (1770‑1831) per il quale tutta la storia è la manifestazione evolutiva dell'Assoluto. Tra questi due, ci sono delle varianti, come in René Descartes (1596‑1650), che proclamava la certezza nell'atto individuale di conoscere, ed in Immanuel Kant (1724‑1804), che mostrava fino a che punto la mente umana costruisce quella che chiamiamo realtà esterna. L'insegnamento della Chiesa ha condannato l'idealismo in quelle forme estreme (DS 3878, 3882; FCC 1.096) che escludono l'assoluta libertà di Dio e la nostra libertà limitata. Ha respinto, in particolare, il tentativo razionalistico di Anton Günther (1783‑1863) di adattare la teologia all'hegelianismo (DS 2828‑2831, 2914, 3025; FCC 1.024, 3.025). Cf Filosofia; Razionalismo.

Idolatria (Gr. « adorazione di immagini »). 

È il culto di divinità false, non esistenti. L'AT condanna severamente l'adorazione di idoli o immagini di falsi dei (Es 20,3‑4; Dt 5,7‑9; Sal 115,4‑8). Il NT non solo denuncia l'idolatria (1 Cor 5,10; Ap 21,8; 22,15), ma anche, sviluppando l'estensione del concetto (cf Is 2,6‑11), respinge l'attaccamento al denaro come idolatria (Ef 5,5; Col 3,5). Cf Adorazione; Culto; Giudaismo; Icona; Iconoclasmo.

Ignoranza invincibile. 

Mancanza di conoscenza che rimane anche dopo seri sforzi per informarsi adeguatamente. Essa scusa da ogni colpa di fronte a Dio. Così, nonostante l'interessamento coscienzioso e senza che vi sia colpa loro propria, ci possono essere di quelli che sono incapaci di accettare la Chiesa e il suo insegnamento. Ciò può provenire dall'educazione ricevuta, da pregiudizi sociali, o da semplice mancanza di contatto col messaggio cristiano (cf DS 2865‑2867; FCC 7.030‑7.031; LG 16; GS 16). L'ignoranza invincibile può essere fisica, come nel caso di bambini e di malati mentali; negli altri casi, è morale. Cf Errore; Tolleranza.

Ilemorfismo. 

Cf Materia e forma.

Illuminismo. (

Movimento cominciato nel XVII secolo in Europa (e diffusosi nel Nord America). Questo movimento, contrario all'autorità e alla tradizione, difendeva la libertà e i diritti umani, incoraggiava i metodi empirici nella ricerca scientifica, e pretendeva di risolvere i problemi con il solo uso della ragione. In campo religioso, molti seguaci di questo movimento sostenevano la critica biblica, negavano la rivelazione divina e i miracoli, e si opponevano tenacemente alle linee portanti del cristianesimo. Le figure più importanti dell'Illuminismo furono: Denis Diderot (1713‑1784), Benjamin Franklin (1706‑1790), David Hume (1711‑1776), Immanuel Kant (1724‑1804), Gotthold Ephraim Lessing (1729‑1781), Giovanni Locke (1632‑1704), Mosè Mendelssohn (1729‑1786), Jean‑Jacques Rousseau (1712‑1778) e François‑Marie Arouet (= Voltaire) (1694‑1778). Sebbene l'Illuminismo abbia predicato false speranze per il progesso sociale ed abbia incoraggiato un razionalismo antidottrinale, ha tuttavia sostenuto un sano rispetto per la ragione umana e per la libertà religiosa. Cf Autonomia; Autorità; Deismo; Libertà religiosa; Miracolo; Razionalismo; Rivelazione.

« Imitazione di Cristo ». 

Un testo molto influente per la ricerca della perfezione spirituale attraverso la sequela di Cristo come modello. Attribuito comunemente a Tommaso da Kempis (circa 1380‑1471), il libro esprime in maniera classica la devotio moderna (Lat. « devozione moderna »), una forma di preghiera profonda e di pietà personale che, alla fine del XIV secolo, si diffuse dall'Olanda nel resto dell'Europa. Cf Devozione.

Imitazione di Cristo. 

L'ideale e la pratica di seguire Gesù Cristo che si trova nel primissimo documento cristiano (1 Ts 1,6) e nelle lettere di Paolo è anche collegato con l'imitazione dello stesso apostolo (1 Cor 4,16; 11,1; 2 Ts 3,7). Per Paolo l'imitazione di Cristo significa la liberazione dal peccato e la rinuncia di sé che conforma i credenti al modello della crocifissione e risurrezione (Rm 6,11), la disponibilità a lasciarsi plasmare dallo Spirito Santo che abita in noi (cf Rm 8,4.11), e il servizio oblativo di amore verso gli altri (1 Cor 13; Gal 5,13). Il Vangelo parla in modo caratteristico di un discepolato personale che è pronto a servire il prossimo che si trova nel bisogno (Lc 10,29‑37) e a seguire il Figlio dell'Uomo sulla strada che dalla sofferenza porta alla gloria (Mc 8,31‑38). Invece di « imitazione » di Cristo, l'Oriente cristiano preferisce parlare di « vita in Cristo » (cf Gv 15,1‑17; 1 Gv 2,1‑6): è un tema che si trova in molte opere di scrittori orientali circa la vita spirituale. Cf La vita in Cristo, di Nicola Cabasila (nato nel 1332 circa) e La mia vita in Cristo, di Giovanni di Kronstadt (1829‑1908).

Immacolata Concezione. 

Festa dell'Occidente celebrata l'8 dicembre riguardante il fatto che, per un privilegio unico e in considerazione dei meriti del Figlio suo, Maria di Nazaret è stata immune da ogni peccato, anche da quello originale, fin dal primo istante della sua concezione (cf DS 2800‑2804; FCC 5.023‑5.026). Molti passi della Scrittura sono stati costantemente intesi come un orientamento in quel senso (Gn 3,15; Lc 1,28). Sebbene il dogma in quanto tale sia stato definito da Pio IX solo nel 1854, la festa risale almeno al VII secolo. In parte a motivo di differenze sulla nozione di peccato originale, gli Ortodossi non onorano la Madre di Dio come « concepita immacolata », ma come achrantos (Gr. « immacolata ») e Panaghia (« Tutta‑Santa »). Cf Peccato originale; Theotòkos.

Immaginazione. 

La capacità creativa di andare oltre ai dati immediati, così da formare, richiamare e riferire idee e oggetti presentati qui e ora dai sensi. Sebbene alcuni filosofi e teologi di valore abbiano respinto l'immaginazione per il suo influsso pericoloso e fuorviante, sono sempre più numerosi oggi quelli che vedono il ruolo positivo dell'immaginazione nella vita religiosa, nel pensiero e nel culto. È essenziale per la comunicazione della fede. L'esercizio disciplinato dell'immaginazione porta a conoscere e ci aiuta a percepire, interpretare e integrare la verità. Cf Estetica; Icona; Teologia della bellezza.

Immagine di Dio. 

La dottrina secondo cui gli esseri umani, uomini e donne, furono creati a immagine e somiglianza di Dio (Gn 1,26‑27). Alcuni Padri della Chiesa e più tardi vari teologi distinsero fra

  a) l'« immagine » di Dio che spetta agli esseri umani, creature dotate di ragione e di libera volontà. Questa immagine può soltanto essere oscurata dal peccato;

  b) e la « somiglianza » con Dio. Questa, se viene perduta col peccato, può essere restaurata con la grazia mediante il battesimo e la vita di fede.

  Il NT riconosce Cristo come la vera immagine di Dio (Col 1,15). Egli è il modello a cui devono conformarsi tutti gli esseri umani (Rm 8,29). Cf Caduta (La); Corruzione totale; Creazione; Deificazione; Grazia; Peccato originale.

Immanenza divina (Lat. « rimane dentro »).

La presenza di Dio dovunque e in ogni cosa (cf Sal 139). Se non è completata dal senso della trascendenza divina, che significa che Dio esiste anche come totalmente diverso e superiore all'intero universo, la nozione di immanenza può sfociare nel panteismo. Cf Onnipresenza; Panenteismo; Panteísmo; Trascendenza; Trinità immanente.

Immensità di Dio. 

L'attributo divino dell'Essere immensurato e immensurabile. Essendo al di là di ogni misura, Dio è la misura di ogni cosa e di ognuno. Questa tematica è sviluppata in un modo particolarmente drammatico in Giobbe 38‑42 (cf DS 800; 3001; FCC 3.018, 6.060). Cf Attributi divini; Dio.

Immolazione. (Lat. « offrire una vittima in un pasto sacrificale »). 

Sacrificio che comprende una vittima, un sacerdote e il popolo in una offerta fatta a Dio. Nell'Eucaristia, il sacrificio di Cristo, che è stato espresso ritualmente nell'Ultima Cena ed è stato consumato sul Calvario, viene ri‑presentato (non ripetuto) e i suoi effetti sono validi oggi (cf 1 Cor 11,23‑26; DS 1740‑1741; FCC 9.172‑9.173). Cf Eucaristia; Sacrificio.

Immortalità.

Cf Anima; Morte; Risurrezione; Vita dopo morte.

Immutabiltà. 

Immune da cambiamenti e dalla possibilità di cambiamenti. Strettamente parlando, solo Dio perfettissimo è completamente immutabile (cf Mal 3,6; Sal 102,27; DS 285; 294; 800; 3001; FCC 4.010; 6.060, 3.018). Come uomo, Cristo era soggetto al cambiamento e alla morte. Cf Incarnazione.

Impassibilità (Lat. traduce la parola greca apatheia). 

Immunità dalla possibilità di soffrire e dal subire cambiamenti per opera di una causa esterna. Solo Dio perfettissimo e immutabile è impassibile (cf DS 16, 166, 293 300, 358‑359; FCC 4.009). Questo però non vuol dire che Dio sia indifferente e disinteressato. L'amore divino lo ha portato all'incarnazione (Gv 3,16), mediante cui il Figlio di Dio venne a soffrire e a morire a motivo della sua natura umana. Cf Apatia; Controversia teopaschita; Immutabilità; Passione.

Impedimenti del matrimonio.

Ci sono casi o circostanze personali che impediscono di contrarre matrimonio. Si chiamano impedimenti dirimenti e rendono invalido il matrimonio. Gli impedimenti dirimenti comprendono l'insufficienza di età, gli ordini sacri, l'impotenza, un matrimonio già esistente, il voto pubblico perpetuo di castità, una stretta consanguineità (cf CIC 1073‑1094). Cf Rato e consumato; Validità.

Imperativo Categorico.

Secondo Immanuel Kant (1724‑1804), è un principio morale incondizionato che obbliga in modo assoluto, mentre l'imperativo ipotetico obbliga solo in forza di una meta che uno si è scelto. Cf Etica.

Imposizione della mani.

Una forma di benedizione che si trova nell'AT (Gn 48), adottata da Gesù nel compiere miracoli (per es., Mc 1,41; 5,41) e usata dai suoi discepoli (At 13,3; 1 Tm 4,14; 5,22), in particolare per comunicare lo Spirito Santo (At 8,17s; 19,6). L'imposizione delle mani divenne il rito principale nel conferire gli Ordini sacri (cf DS 3858‑3860; FCC 9.314‑9316). Senza insistere sull'accettazione da parte dei Greci del rito latino e delle sue cerimonie circa l'ordinazione (DS 1326; FCC 9.287), il Concilio di Firenze (1439) approvò il modo con cui i Greci venivano ordinati, e cioè con l'imposizione delle mani. I riti del battesimo e della cresima comprendono pure un'imposizione delle mani. Questa è raccomandata anche nel nuovo rito della penitenza. Cf Concilio di Firenze; Ordine.

Imputazione. 

Attribuire legalmente a qualcuno la colpa o la giustizia di un altro. Questa nozione è fondamentale nella visuale protestante della giustificazione. La giustizia di Cristo viene a noi peccatori attribuita (più che impartita). Però, il dialogo di oggi tende a mitigare le distinzioni troppo rigide che esistono tra la visuale protestante (Dio dichiara semplicemente giusti i peccatori) e quella cattolica (Dio rende veramente giusti i peccatori). Cf Deificazione; Giustificazione; Luteranesimo; Protestante.

Incarnazione (Lat. « prendere carne »). 

È verità di fede che la salvezza del mondo fu operata dal Figlio di Dio, il quale, pur rimanendo pienamente divino, divenne veramente e pienamente uomo (Gv 1,14; Gal 4,4‑5). In un luogo specifico e in un tempo preciso della storia, egli nacque da Maria Vergine, morì su una croce sotto Ponzio Pilato e risuscitò dai morti con un corpo glorificato (Rm 1,3‑4). Dal Concilio Niceno I (325) al Costantinopolitano III (680), i Concili della Chiesa hanno respinto vari tentativi di attenuare o di negare la piena umanità e la piena divinità di Gesù Cristo. Cf Concilio di Calcedonia; Concilio Costantinopolitano III; Concilio di Nicea I; Docetismo.

Incomprensibilità. 

Ritenere che Dio è il mistero assoluto che oltrepassa la comprensione umana. Quello che conosciamo della rivelazione ci rende capaci di riconoscere ancora più profondamente che non conosciamo realmente Dio (cf DS 800, 3001; FCC 3.018, 6.060). Cf Mistero; Teologia apofatica; Teologia negativa.

Inculturazione. 

Termine nuovo per indicare l'obbligo che è sempre esistito di contestualizzare e portare nelle diverse culture e nei diversi popoli il messaggio e lo stile di vita cristiani. San Paolo e gli altri primi missionari hanno dovuto affrontare il compito di adattare alle masse di credenti non Ebrei (cf At 15,1‑29; 17,16‑34; Gal 2,1‑10) l'annuncio del vangelo. Dopo che il cristianesimo ebbe messo salde radici in Europa, esso divenne troppo strettamente identificato con la cultura europea. Il Concilio Vaticano II (1962‑1965) insegnò che il vangelo non prende nessuna cultura come normativa, ma che esso va incarnato in ogni cultura per la salvezza di tutti (cf LG 13; 17; 23; GS 39, 55, 58; AG 9‑11, 21‑22). Cf Cattolicità; Evangelizzazione; Teologia della missione.

Indefettibilità « Lat. « immune dall'essere soggetto al venir meno, a decadere e a morire »

Cristo ha promesso alla sua Chiesa che durerà sino alla fine del mondo (cf Mt 16,18; 28,18‑20; Gv 14,16‑17). Con la presenza del Signore risorto e sotto la guida dello Spirito Santo, la Chiesa, presa nella sua globalità, non può venir meno alle sue qualità fondamentali e ad essere testimone della verità rivelata (cf DS 3050‑3052; FCC 7.176‑7177; LG 12). L'infallibilità è un aspetto di questa guida generale operata dallo Spirito Santo. Cf Infallibilità; Note (segni) della Chiesa.

Indifferenza. 

Mancanza di interesse nelle questioni religiose. Ciò proviene dal secolarismo, dall'assenza di una formazione religiosa conveniente, o da una defezione personale alla pratica della fede in Dio (cf DS 2915‑2918; FCC 7.035‑7.038). « Indifferenza » può anche significare un distacco da tutte le creature ed esperienze, permettendo così alla volontà divina di guidare le nostre scelte. In questo senso, l'« indifferenza » caratterizza la spiritualità di sant'Ignazio di Loyola (1491‑1556). Cf Apatia; Esicasmo; Secolarismo.

Induismo.

Una delle religioni principali del mondo e la religione principale del subcontinente indiano. L'Induismo non è stato fondato da una persona singola in un punto preciso della storia; non ha un sistema preciso di verità; accetta molte divinità, in particolare Brahma che ha creato l'universo, Visnù che lo protegge e Siva che lo distrugge. Eppure, queste divinità sono intese soltanto come manifestazioni differenti di un Unico Dio Supremo (Siva per il Saivismo, o Visnù per il Vaishnavismo), nella corrente teista, o di un Assoluto divino, impersonale (Brahman) nella corrente non dualista. I primi scritti sacri dell'Induismo sono i Vedas; poi si ebbero trattati più mistici chiamati Upanishads; l'opera religiosa più popolare è la Bhagavad‑gita. L'Induismo è stato trasmesso mediante la tradizione di maestri spirituali e di insegnanti nelle differenti caste e nei vari contesti socio‑culturali. Le sue pratiche ascetiche e la meditazione (« dhyana ») mediante lo yoga mirano a liberare dalla passione e dall'ansia per unirsi a Dio nell'amore e nell'abbandono (corrente teista) o a venire assorbiti nel definitivo Assoluto divino (corrente non dualista). Si ritiene che la libertà avvenga di solito dopo una serie di re‑incarnazioni (cf NA 2). Cf Religione; Religioni del mondo.

Indulgenze. 

Si tratta della remissione della pena temporale dovuta a causa dei peccati per i quali è già stato espresso il pentimento e di cui si è già ricevuto il perdono. Questa remissione della pena proviene dal tesoro dei meriti infiniti di Cristo e della partecipazione dei Santi alla sua passione e gloria. Nella Chiesa dei primi secoli, l'intercessione di coloro che affrontavano il martirio poteva ridurre la penitenza severa imposta ai peccatori penitenti. Nel secolo XVI, l'abuso scandaloso delle indulgenze favorì l'esplosione della Riforma. Il diritto di concedere indulgenze è riservato in linea di principio alla Santa Sede. A differenza delle indulgenze parziali, quelle plenarie rimettono l'intero debito della pena purché siano adempiute tutte le condizioni richieste per il loro acquisto. Sia le indulgenze parziali che quelle plenarie possono essere applicate ai defunti che si trovano in Purgatorio. Nella Costituzione Apostolica Indulgentiarum Doctrina (1967), Paolo VI ridusse il numero di indulgenze plenarie e sottolineò la necessità della conversione personale del cuore (cf DS 1467; CIC 929‑997). Cf Merito; Purgatorio; Peccato; Sacramento della penitenza.

Indurimento del cuore. 

Il rifiuto peccaminoso di vedere la mano di Dio all'opera (Es 11,10), o di aiutare i poveri (Dt 15,7). Il NT usa un linguaggio simile per coloro che rifiutano di aprirsi alla fede in Cristo e al suo messaggio (Mt 13,13‑15; Mc 16,14). Cf Corruzione totale.

 

Ineffabilità (Lat. « essere inesprimibile, indescrivibile »). 

 L'essere di Dio è tremendamente misterioso, e, nonostante i nomi divini, è in definitiva innominabile (Es 3,34; Gv 1,13; 1 Tm 1,17; Rm 11,33‑36). Dio si può conoscere, ma rimane indescrivibile, o al più si può descrivere solo negativamente (cf DS 800, 3001; FCC 3.018‑6.060). Nelle Sinagoghe, quando si deve leggere il nome di Dio, non lo si pronuncia, ma lo si sostituisce con Adonài (Ebr. « Signore »). Cf Iahvè; Incomprensibilità.

Inerranza. 

Termine che si riferisce innanzitutto ad una conseguenza importante dell'ispirazione biblica: la verità salvifica della Scrittura (DV 11). Questa verità emerge progressivamente dal ricordo ispirato, è centrata su Cristo e va cercata nella Bibbia presa nella sua globalità. Per valutare la verità contenuta nei libri particolari della Bibbia, occorre esaminare gli intenti, i presupposti, il contesto, i modi di espressione degli autori e le tradizioni soggiacenti (DV 12). L'inerranza caratterizza anche la sensibilità che l'intero popolo di Dio manifesta per la verità. Guidata dallo Spirito, la Chiesa non può errare in materie di fede (cf 1 Gv 2,20.27; LG 12). Cf Bibbia; Esegesi; Ispirazione; Sensi della Scrittura; Sensus fidelium; Verità.

Infallibilità. 

L'immunità dalla possibilità di sbagliare in materia di fede rivelata e di costumi. Questa prerogativa è stata elargita da Cristo alla Chiesa tutta intera attraverso lo Spirito Santo (Gv 10,12‑15; LG 12), e in particolare all'intero collegio dei vescovi in unione col papa, successore di Pietro (cf At 15,1‑29; 1 Cor 15,3‑11; LG 25). Le definizioni infallibili sono venute di solito da concili ecumenici (cf DS 265, 363‑364; FCC 7.141), raramente dal papa. Il Concilio Vaticano I ha insegnato che il papa è infallibile quando, come pastore di tutti i cattolici e successore di Pietro (cf Mt 16,18‑19; Lc 22,31‑32), insegna solennemente ex cathedra come rivelato un punto che riguarda la fede o i costumi (DS 3065‑3075; FCC 7.190‑7.199). Nel suo magistero ordinario, l'intero collegio dei vescovi in unione col papa insegna infallibilmente quando tutti « convengono su una sentenza da ritenersi come definitiva » (LG 25). Nell'interpretare gli asserti infallibili, bisogna distinguere il punto della definizione dalla sua formulazione che è condizionata dalle circostanze storiche del tempo. Cf Collegialità; Concilio ecumenico; Concilio Vaticano I; Definizione ex cathedra; Magistero; Verità.

Inferno. 

Il « luogo » o lo stato dove i demoni e i peccatori morti senza pentirsi soffrono per sempre (DS 1002; FCC 0.019). Questo castigo eterno, che varia a seconda della gravità dei peccati commessi (cf DS 1306; FCC 0.024), consiste nell'esclusione dalla presenza di Dio (poena damni = dannazione vera e propria), e nel soffrire un « fuoco » inestinguibile, ma non specificato (poena sensus; cf DS 443, 780; FCC 9.036) L'insegnamento della Chiesa si basa sul NT (Mt 13,36‑43; 25,31‑46) nell'insistere sulla possibilità dell'inferno per coloro che con deliberata cattiveria rifiutano di amare Dio e il loro prossimo. Non si pronuncia, invece, sul numero dei dannati. L'amore salvifico di Dio verso tutti rimane una forza fondamentale ed efficace (1 Cor 15,28; 1 Tm 2,3‑6). Cf Apocatastasi; Escatologia; Indurimento del cuore.

 

Infinità (Lat. « senza limiti »). 

È la qualità dell'Essere illimitato e senza fine. Strettamente parlando, solo Dio è pienamente illimitato e perfettamente infinito, in quanto è illimitato nello spazio e nel tempo e immensurabilmente superiore a tutte le creature. Nella filosofia aristotelica, la materia prima, o potenza pura, « precedente » a qualsiasi determinazione, è indefinita nel senso che manca ogni specificazione o qualità che la renda concreta e limitata. Cf Aristotelismo; Eternità; Immensità.

Infuso. 

Cf Abito infuso.

Iniziazione. 

Introduzione graduale ai misteri della religione. Quando ebbe inizio il cristianesimo, esso dovette affrontare la rivalità delle religioni del Medio Oriente caratterizzate da dottrine e culti esoterici a cui venivano iniziati gradualmente i neofiti. Come queste religioni, anche l'iniziazione cristiana praticava una disciplina dell'arcano. Prima della recezione del battesimo, il simbolo di fede era spiegato solo in sintesi; l'istruzione dettagliata della fede seguiva di solito il battesimo. Cf Battesimo; Catecumenato; Disciplina dell'arcano; RICA.

Inquisizione (Lat. « indagine »). 

Tribunale speciale ecclesiastico per scoprire, esaminare e punire gli eretici. Questo procedimento si diffuse a partire dal papa Innocenzo III (1160‑1216), e si basava sulla convinzione che l'eresia, in quanto minaccia per l'ordine sociale, andava soppressa. Nel 1479, con l'approvazione del papa Sisto IV, Ferdinando V e Isabella introdussero l'Inquisizione spagnola contro i « relapsi » convertiti dal Giudaismo e dall'Islamismo, conosciuti rispettivamente come Marrani e Moreschi. Quelli che erano riconosciuti colpevoli dagli inquisitori venivano di solito consegnati allo Stato per la punizione. Nel 1542, il papa Paolo III fondò il Santo Ufficio come tribunale supremo di appello nelle questioni di eresie. Nel 1967, Paolo VI non solo cambiò il suo nome chiamandolo Congregazione per la Dottrina della Fede, ma gli diede anche il compito più positivo di incoraggiare e di salvaguardare la solida dottrina dalla fede e della morale. Cf Eresia.

Insediamento. 

Dopo l'ordinazione episcopale, il nuovo vescovo si diede sulla cattedra della propria cattedrale, come simbolo dell'inizio del suo insegnamento e del governo pastorale nella sua diocesi. Cf Cattedra; Cattedrale; Diocesi.

Integrità. 

Cf Giustificazione.

Intenzione. 

Il proposito per cui uno agisce. La « rettitudine » d'intenzione proviene dall'agire per motivi pienamente validi. L'amministrazione valida dei sacramenti richiede che il ministro abbia almeno l'intenzione di fare quello che fa la Chiesa (DS 1611; FCC 9.017). Oltre ad esprimere il proposito deliberato, l'intenzione (e l'intenzionalità) si riferisce anche in vari modi ai concetti umani, alla conoscenza e alla coscienza. Cf Epistemologia; Etica; Teologia morale.

Intercessione (Lat. « passare tra »). 

Preghiera di petizione per altri. L'intercessione si riferisce primariamente alla continua mediazione del Cristo risorto per la nostra salvezza (cf 1 Tm 2,5; Eb 7,25; 9,24; DS 1523; FCC 8.056). Anche la Madre sua, Maria, intercede per noi (DS 1400; 3274‑3275; 3370; 3916); anche gli angeli e i santi (DS 3320‑3321). L'intercessione è parte integrante del culto cristiano. Cf Liturgia; Mediazione; Preghiera; Preghiera impetratoria.

Intercomunione. 

Cf Communicatio in sacris.

Interconfessionale e interreligioso. 

Cf Dialogo; Religioni del mondo.

Interdetto (Lat. « proibizione per decreto »).

È un castigo ecclesiastico usato raramente e chiamato scomunica « minor » nel CCEO che, per un determinato tempo, priva quanti ne sono colpiti di certi diritti e funzioni, senza, però, escluderli dalla Chiesa. Generalmente, l'interdetto sospende il diritto di celebrare i sacramenti (in questo caso, riguarda il clero) e di riceverli (nel caso di laici). Questa proibizione cessa automaticamente in pericolo di morte. Un interdetto può colpire una persona singola o alcune persone che formano un luogo (come una chiesa, un cimitero o un convento), una città ed anche un'intera nazione (cf CIC 915, 1109, 1331‑1332, 1370, 1373, 1374). Cf Scomunica.

Interpretazione. 

Cf  Ermeneutica.

Intinzione (Lat. « immergere dentro »).

L'atto di intingere il pane consacrato nel vino consacrato per la distribuzione della Comunione. È uno dei modi principali con cui viene distribuita la Comunione sotto le due specie. Questa prassi è comune nelle Chiese orientali. Cf Comunione.

Introito (Lat. « ingresso »). 

Conosciuto anche come « antifona d'ingresso », è il versetto che viene cantato o recitato quando il celebrante fa l'ingresso per la Messa. È tolto molto spesso da un salmo ed è destinato a dare il tono alla celebrazione. Le parole d'inizio dànno alle volte il nome alla festa: « Gaudete »: si chiama così la terza domenica d'Avvento. « Laetare » è la quarta domenica di Quaresima. Cf Cantillazione.

Intuizione (Lat. « guardare attentamente »).

È un afferrare immediato della realtà con la mente o coi sensi. L'apprensione intellettuale immediata è attribuita di solito agli angeli: in quanto puri spiriti, non hanno bisogno di ragionamento deduttivo. In un senso inferiore, la capacità d'intuizione appartiene anche agli esseri umani. Nella teologia, il tomismo nega che possiamo godere su questa terra di una intuizione immediata di noi stessi o di Dio senza una mediazione dei sensi. L'agostinianismo ne ammette, invece, la possibilità. Quest'ultima teoria corre il rischio di conclamare una specie di illuminismo o diretto accesso a Dio libero dalla mediazione delle creature e della stessa Chiesa. La nostra visione intuitiva di Dio in cielo è stata comunque insegnata ufficialmente (cf DS 990‑991, 1000; FCC 0.016). Cf Agostinianismo: Tomismo; Visione.

Io e tu. 

È il titolo di un breve lavoro di un pensatore di religione ebrea, Martin Buber (1878‑1965). Pubblicato la prima volta in Germania nel 1923, esercitò un grande influsso sulla successiva filosofia e teologia.3 Buber insiste sulla differenza qualitativa tra il riferirsi a e il servirsi di una cosa (Io ‑ Esso) e il riferirsi ad una persona. Nel trattare con persone che si rivolgono a me e che ottengono risposta, sono possibili le autentiche inter‑relazioni Io ‑ Tu. L'inter‑reazione Io ‑ Tu è la via per diventare pienamente se stessi. In ultima analisi, la propria identità è resa possibile attraverso il rapporto integrante con Dio. Cf Mistica.

Ipapante (Gr. « incontro »). (

È il nome greco dato alla festa della Presentazione del Signore al Tempio e dell'incontro avvenuto con Simeone e Anna (Lc 2,22‑38). In Occidente, nel Medioevo, la festa era nota come occursus Domini (Lat. « incontro del Signore »). Celebrata in Gerusalemme almeno dal IV secolo, questa festa divenne universale nel secolo VII.

Iperdulia (Gr. « super‑venerazione »). 

La devozione particolare che si dà a Maria in quanto Madre di Dio. È più della semplice dulìa (Gr. « venerazione » o onore dato agli altri santi, ma è inferiore alla latrìa (Gr. « adorazione ») o adorazione dovuta a Dio solo. Cf Adorazione; Theotòkos; Venerazione dei Santi.

Ipostasi (Gr. « sostanza », « che sta o è situato sotto »). 

La natura sostanziale o la realtà che sottostà a qualcosa (cf Eb 1,3). Il termine creò problemi nelle controversie cristologiche e trinitarie dei secoli IV e V, quando venne a significare una « realtà concreta e singola », o una « esistenza distinta personale ». Alla fine, l'insegnamento ufficiale della Chiesa parlò di Dio come di tre « ipostasi » che condividono l'unica sostanza o natura, e di Cristo come di due nature in una « ipostasi » o persona (cf DS 125‑126; 300‑303; 421; FCC 0.503‑0.504, 4.012‑4.013). Cf Concilio di Calcedonia; Concilio di Nicea I; Monofisimo; Neo‑calcedonismo.

Ira di Dio. 

Questo sentimento è attribuito a Dio in vari passi biblici (Es 4,14; Dt 11,17; 2 Sam 24,1; Rm 1,18; 2,5‑8). Oltre ad essere un antropomorfismo, un simile modo di parlare (come riguardo alla creazione, all'incarnazione, e ad altri misteri), suscita il problema dell'immutabilità divina, come quando Dio minaccia di distruggere Ninive peccatrice e poi si « pente » (Gio 3,1‑10). L'ira di Dio va interpretata in senso analogico in quanto vuole indicare l'assoluta incompatibilità della santità divina con il peccato dell'uomo. Hans Urs von Balthasar (1905‑1988) ha dato un grande spazio all'ira di Dio nel dramma della salvezza per ricordare che questa abbraccia sia la libertà divina che quella umana. Cf Analogia; Antropomorfismo; Immutabilità.

Irenismo (dal Gr. « pace »). 

Un approccio pacifico o conciliante sui problemi riguardanti l'unità della Chiesa, col rischio di sottovalutare le differenze reali esistenti tra i cristiani, o di promuovere una comprensione a scapito della verità. Questo comportamente è stato giustamente condannato (cf DS 3880; UR 11). Però, questo termine può anche significare la serenità con cui vengono analizzati i problemi controversi, con la speranza di finire per raggiungere l'unità. In questo caso, non si distingue praticamente dal vero ecumenismo. Cf Dialogo; Ecumenismo.

Islamismo (Arabo « sottomissione », in particolare alla volontà di Dio). 

È quella religione del mondo che riconosce Maometto (circa 570‑632) come l'ultimo profeta nella linea che cominciò con Abramo e che continuò attraverso Gesù. Maometto criticò gli Ebrei per non aver voluto accettare Gesù e i cristiani per essere ricaduti nel politeismo con il loro insegnamento sulla Trinità. Il monoteismo assoluto islamico nega che Dio o Allah possa avere un Figlio. Gesù è onorato come profeta. La sua morte in croce è negata e ritenuta solo apparente. È assolutamente proibito rappresentare Dio con immagini. L'arte islamica in genere non ritrae nemmeno gli esseri umani, in quanto sono creati ad immagine di Dio. Si ritiene che Maometto abbia ricevuto la rivelazione che più tardi fu scritta nel Corano (Arabo: « recital »), il quale riporta alcune tradizioni dell'Antico e del NT ed è diviso in 114 sezioni, o sure, tutte accettate come divinamente ispirate parola per parola.

  L'Islamismo comprende cinque obblighi principali:

  1) la confessione dell'unità di Dio e di Maometto come l'ultimo messaggero o profeta di Dio;

  2) la preghiera rituale cinque volte al giorno; il venerdì è il giorno speciale per la preghiera comune di mezzogiorno nelle moschee;

  3) l'elemosina per aiutare i poveri;

  4) il digiuno durante l'intero mese del ramadàn che comporta l'astensione completa dai cibi, dalle bevande e dai rapporti sessuali dal sorgere del sole fino al tramonto;

  5) il pellegrinaggio alla Mecca almeno una volta nella vita.

  Oltre alla sharia (Arabo « sentiero della legge »), l'Islam ha sviluppato una tradizione mistica, il sufismo (Arabo « indumento di lana ascetico »), che cerca l'unione con Dio attraverso l'auto‑rinuncia. Pur professando la stessa fede, i Musulmani si sono divisi in vari gruppi, soprattutto i Sunniti (gli ortodossi) e gli Sciiti. I primi seguono la Sunna, ossia le tradizioni autorevoli che furono stabilite da Maometto e dai suoi primi quattro successori, o califfi, ma che non sono state scritte nel Corano. Gli Sciiti, che si trovano specialmente in Iran, ritengono che Maometto abbia nominato soltanto suo cugino Alì per successore e non accettano gli altri tre califfi. Mentre affermano la libertà religiosa ai «popoli della Scrittura» (= Ebrei e cristiani), l'Islam aspira a conquistare il mondo intero al suo messaggio. I Musulmani si ritengono gli eredi della fede di Abramo (cf Gn 16,1‑16; 21,1‑21). Il Concilio Vaticano II sottolineò che la fede di Abramo e l'attesa del giudizio sono elementi che i cristiani hanno in comune coi Musulmani (cf LG 16; NA 3). Cf Docetismo; Monoteismo; Politeismo; Profeta; Religione; Religioni del mondo; Teologia; Trinitari.

Ispirazione biblica. 

È l'impulso speciale e la guida dello Spirito Santo mediante cui furono composti i libri della Sacra Scrittura che così possono essere chiamati Parola di Dio (cf Gv 20,31; 2 Tm 3,16; 2 Pt 1,19‑21; 3,15‑16; e anche Ger 18,18; Nee 8,1). Quello che Dio voleva dire si trova in quello che è stato detto dagli scrittori umani che furono autori genuini e non semplici stenografi che scrissero sotto dettatura di Dio (cf DV 11; DS 3006, 3629; FCC 2.015). L'ispirazione dei 72 libri dell'Antico e del NT fa parte dell'azione di Dio che portò la Chiesa ad un'esistenza piena. Perciò la Bibbia può anche essere chiamata il Libro della Chiesa. Cf Bibbia; Critica biblica; Eremeneutica; Inerranza; Sensi della Scrittura.

Israele (Ebr. « Dio regna »).

 Si chiama così la nazione ebraica, o giudaica, che discende da Giacobbe, il quale ricevette questo nome che significa: « colui che ha combattuto con Dio » (Gn 32,28‑29). Dopo la morte di Salomone (circa 933 a.C.), le dodici tribù di Israele si divisero in Regno del Sud (Giuda) con Gerusalemme per capitale e Regno del Nord (Israele) con capitale Samaria. Quest'ultimo fu conosciuto come Israele per le sue strette relazioni con l'eredità di Giacobbe (per es., il pozzo di Giacobbe a Sichem). Dopo la caduta di questo Regno nel 722 a.C., il Regno del Sud venne alle volte chiamato Israele (per es., Is 1,3‑4; 30,11‑12; Ez 2,3; 6,2‑3). Il NT applica questo nome ai discendenti di Giacobbe (Mt 10,6; 15,24; Lc 1,16) e alla nazione ebraica (Mc 12,29; Lc 1,54). La Chiesa comprende se stessa come il nuovo e vero Israele (Gal 6,16). Verso la fine del XVIII secolo, le speranze per l'emancipazione portarono molti Ebrei a parlare di « Israele » più che di « Giudaismo ». Cf Ebrei; Giudaismo; Giudeo.