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Dedizione

La dedicazione è la cerimonia, comune a tutte le religioni, con cui si consacra un edificio adibito a culto. Nel rito cattolico, cerimonia con cui il vescovo consacra una nuova chiesa.

 

Dannazione

(Lat. « condanna »).

La sorte di coloro che muoiono in peccato mortale senza pentirsi. Avendo radicalmente respinto Dio e i loro fratelli (Mt 25,31‑46), soffriranno per sempre le pene dell'inferno. Cf Giudizio; Inferno; Riprovazione.

 

Decalogo  (Gr. « dieci parole »). 

I dieci comandamenti che sintetizzano le nostre responsabilità religiose e morali. Si trovano in due versioni: Es 20,1‑17 e Dt 5,6‑21. Gesù non ha abolito i dieci comandamenti, ma, fondandosi su Dt 6,4‑5 e Lv 19,18, li riassunse in termini di amore verso Dio, verso il prossimo e verso noi stessi (Mc 12,29‑31). Gesù ha anche affermato che l'osservanza del Decalogo può condurre al distacco perfetto e al discepolato (Mc 10,17‑21). Cf Amore; Imitazione di Cristo; Perfezione; Teologia morale.

Decime. 

Si tratta della decima (o altra) parte del prodotto della terra dato per il mantenimento del clero e per sostenere la missione della Chiesa mediante scuole, ospedali, aiuti ai bisognosi e opere di evangelizzazione. L'aiuto ai sacerdoti dell'AT e ai luoghi di culto (cf Gn 14,16‑20; Dt 12,6.11.17) era prescritto per legge (cf Nm 18,25‑32; Dt 14,22‑29). Il NT si limita a ritenere giusto che le comunità cristiane sostengano coloro che proclamano la Buona Novella (cf Mt 10,10; Lc 10,7; 1 Cor 9,7‑14; 1 Tm 5,18). Dopo la conversione dell'Europa al cristianesimo, le decime finirono per diventare tasse da pagare. Dove gli Stati non riconoscono più e non sostengono le Chiese in questo modo, la missione va sostentata con contributi volontari. Cf Chiesa e Stato; Giustizia; Koinonìa.

 

Dedicazione della chiesa. 

Rito solenne, riservato al vescovo, o al suo delegato, con cui un edificio viene adibito ad uso esclusivo del culto cristiano e indica così una presenza speciale di Dio e della Chiesa nel mondo. In Occidente, il rito consiste generalmente nella celebrazione dell'Eucaristia e in una cerimonia nella quale l'edificio viene benedetto e sono fissate nell'altare le reliquie dei santi. In Oriente, prima che venga celebrata la prima liturgia, l'altare è asperso di acqua santa e unto come nei riti dell'iniziazione. Cf Benedizione; Consacrazione; Iniziazione; Sacramentale.

 

De fide (Lat. « attinente alla fede »). 

Asserti teologici che hanno il massimo grado di certezza in quanto sono fondati sulla rivelazione divina e sono proclamati come tali dal Magistero autorevole della Chiesa. Cf Dogma; Magistero; Qualifica teologica.

 

Definizione ex cathedra  (Lat. « dal trono »). 

Definizione solenne e vincolante fatta dal papa con la sua piena autorità apostolica come pastore e maestro di tutti i cattolici (DS 3074‑3075; FCC 7.198‑7199) in materie rivelate che riguardano la fede e i costumi. Cf Cattedra; Infallibilità; Insediamento; Magistero; Papa.

 

Deificazione.

Il fine dell'Incarnazione, secondo sant'Ireneo (circa 130 ‑ circa 200), sant'Atanasio (circa 296‑373) e altri Padri greci. Già creati a immagine e somiglianza di Dio (Gn 1,26), gli esseri umani sono chiamati per grazia a condividere la vita divina (2 Pt 1,3‑4). Cf Grazia; Incarnazione.

Deismo. 

Termine generico per indicare le teorie di molti scrittori inglesi, europei e americani dei secoli XVII e XVIII i quali in vari modi sottolineavano il ruolo della ragione in fatto di religione e negavano la rivelazione, i miracoli e qualsiasi azione provvidenziale nella natura e nella storia degli uomini. Cf Illuminismo; Miracoli; Provvidenza.

 

Demitizzazione. 

Si chiama così il tentativo di Rudolf Bultmann (1884‑1976) di tradurre nel linguaggio d'oggi ciò che egli chiamava mitologia biblica. Sebbene il termine comporti una eliminazione, l'intento di Bultmann era positivo: interpretare esistenzialmente i miti. Cf Ermeneutica; Esistenzialismo; Mito.

 

Demiurgo.

(Gr. « artefice, artigiano »).

Nome usato da Platone (427‑347 a.C.) per indicare il divino architetto che plasmò il mondo secondo le idee eterne. Gli Gnostici riducevano il demiurgo a una divinità inferiore, responsabile della creazione dell'universo materiale che essi disprezzavano. Cf Creazione; Gnosticismo.

 

Demoni. 

Esseri spirituali che, nella tradizione giudaico‑cristiana, corrispondono ai diavoli, che sono angeli ribelli a Dio e intenti a danneggiare gli esseri umani. Cf Diavolo.

 

Demonio

Il diavolo è l'angelo decaduto che ha sede nell'inferno e tenta gli uomini inducendoli al male. Nel cristianesimo si parla di demoni come angeli decaduti, condannati al fuoco eterno dell'inferno perché ribellatisi a Dio; il loro capo è Lucifero, il «demonio» per eccellenza, anch'egli angelo decaduto, detto pure Satana e Diavolo e considerato custode dell'inferno e ministro di Dio nel castigare le anime dei cattivi. In alcuni paesi cristiani, il demonio è stato oggetto di culto da parte di persone dedite alla magia e alla stregoneria: i cosiddetti «satanisti» che si diceva evocassero il demonio per mezzo di una liturgia che parodiava quella della Chiesa. Soprattutto nei secc. XVI e XVII nell'Europa occidentale vi fu una specie di demonomania: ovunque si vedeva l'azione fisica del demonio e possessioni diaboliche, e molti furono gli stregoni o i maghi processati e condannati al rogo. Gli esorcismi hanno lo scopo di scacciare il demonio dal corpo della persona che ne è posseduta e allo stesso tempo anche la malattia

 

 

Demonologia. 

Lo studio dei demoni, della loro natura come angeli decaduti e della loro azione nel tentare e nel fare del male agli esseri umani. Cf Angeli; Angelologia; Esorcismo.

 

Denzinger. 

Raccolta di brani del Magistero della Chiesa, pubblicati per la prima volta da Heinrich Joseph Denzinger nel 1854. La sua trentacinquesima edizione, rivista da Adolf Schönmetzer, uscì nel 1973.

Tra gli altri suoi lavori va ricordata una raccolta ancora utile di testi di liturgia orientale, Ritus Orientalium, Coptorum, Syrorum et Armenorum (Würzburg, 1863‑1864).

 

Deposito della fede. 

Tutto ciò che Dio ha definitivamente rivelato mediante Cristo per la nostra salvezza, considerato come un tesoro affidato alla Chiesa affinché lo custodisca, lo interpreti e lo proclami fedelmente a tutti fino alla fine dei tempi (1 Tm 6,20; 2 Tm 1,12.14; cf DV 10; GS 62). Cf Magistero; Rivelazione; Tradizione.

 

Determinismo. 

 Interpretazione dell'universo secondo cui tutto succede inevitabilmente e senza alcun esercizio della libertà. La nostra esperienza di potere scegliere tra varie alternative contraddice questa visuale di realtà così rigidamente predeterminata. Cf Libertà; Predestinazione; Prescienza.

 

Deuterocanonici. 

Cf Libri deuterocanonici.

 

Devozione. 

Dedizione orante e affettiva che rende i credenti profondamente disponibili alla volontà di Dio. Cf Religione.

 

Devozioni. (

Preghiere e pratiche non liturgiche, come la Via Crucis e il Rosario, che sviluppano la vita spirituale del credente e approfondiscono le sue convinzioni religiose. Cf Liturgia; Preghiera; Rosario; Sacramentale.

 

Diaconessa. 

Donna che nella Chiesa primitiva esercitava un ministero simile a quello del diacono. Oltre ad avere cura dei malati e dei poveri, le diaconesse assistevano il ministro nei battesimi delle donne. L'ufficio di diaconessa scomparve nel Medioevo, ma ritornò in vigore nel secolo XIX presso gli Anglicani e i Protestanti. Cf. Comunione Anglicana; Protestante.

 

Diaconia (Gr. « servizio »). (

Termine del NT per indicare che il ministero e la missione nella Chiesa sono per il servizio della comunità (At 1,17.25; 21,9; Rm 11,13; 1 Tm 1,12). Il Concilio Vaticano II descrive in questo modo l'ufficio dei vescovi (LG 24). Cf Ministero.

 

Diacono (Gr. « servo »). 

Ispirandosi in parte ai sette uomini scelti per attendere alle necessità materiali della comunità di Gerusalemme (At 6,1‑6), il ministero dei diaconi è stato fiorente nei primi secoli della Chiesa. Poi, la loro importanza andò sempre più diminuendo, finché il diaconato si ridusse semplicemente ad essere uno stato intermedio prima del presbiterato. Il Concilio Vaticano II affermò la possibilità di ripristinare il diaconato permanente per uomini maturi e sposati (LG 29). Questa decisione cominciò ad attuarsi nel 1967. Oltre a compiti amministrativi e pastorali, i diaconi possono, quando siano autorizzati, battezzare, predicare, distribuire l'Eucaristia, assistere e benedire il matrimonio, dirigere il rito funebre della sepoltura. Cf Chierico; Clero; Ministero; Ordinazione.

 

Dialogo (Gr. « conversazione »). 

Discussione garbata tra individui che professano fedi differenti con l'intento di raggiungere o almeno di avvicinarsi ad un consenso. Il Concilio Vaticano II (1962‑1965) incoraggiò i cattolici al dialogo col mondo in genere (GS 85), coi membri delle religioni non cristiane (AG 16), con gli altri cristiani, sia con quelli delle Chiese Orientali (UR 14‑18) che con quelli delle Chiese d'Occidente che si sono staccate da Roma al tempo della Riforma (UR 19‑23). Il dialogo tra le religioni non cristiane è chiamato « interreligioso », mentre il dialogo tra Roma e le altre Chiese cristiane è chiamato « ecumenico » o « interconfessionale. Di quando in quando, vengono emanate delle direttive dai vari dicasteri del Vaticano. Riguardo alle Chiese Orientali, si distingue:

  a) il « dialogo della carità » che consiste in segni e gesti che esprimono la fede comune di entrambe le parti condivisa da tutti i membri del dialogo e il loro desiderio di rimuovere gli ostacoli che impediscono la piena comunione;

  b) il dialogo teologico ufficiale, chiamato alle volte « il dialogo della verità », in cui, attraverso discussioni dei rappresentanti delle varie Chiese, si cerca di raggiungere la piena comunione sui punti di fede e di vita sacramentale.

  Cf Concilio Vaticano II; Ecumenismo; Fede e Ordine, Religioni del mondo.

 

Diàspora (Gr. « dispersione »). 

Applicato inizialmente agli Ebrei deportati sotto gli Assiri (722 a.C.) ed i Babilonesi (597 a.C.), il termine finì per designare tutti gli Ebrei viventi fuori della Palestina (Gv 7,35), di cui un milione circa vivevano in Alessandria al tempo di Gesù. La traduzione dell'AT cosiddetta dei « Settanta » è opera di Ebrei di lingua greca della Chiesa di Alessandria. L'annuncio cristiano fuori della Terra Santa avvenne in un primo tempo in sinagoghe ebraiche (At 9,19‑20; 11,19; 13,5.14‑44; 17,12, ecc.). Con la distruzione del Tempio e il progresso del Cristianesimo, gli Ebrei della diàspora divennero più isolati e la loro religione si sviluppò nell'ebraismo talmudico del Medioevo e dei tempi moderni. Il NT usa invece il termine diàspora per i cristiani dispersi nel mondo e viventi in ambienti stranieri e alle volte ostili (Gc 1,1; 1 Pt 1,1). Le persecuzioni e emigrazioni dei tempi moderni hanno portato in larga scala una diàspora di Cristiani orientali. In Germania, la parola « diàspora » si riferisce a minoranze confessionali, sia di Cattolici che di Protestanti. Cf Chiesa; Missione; Settanta; Talmud.

 

Diavolo.

(Gr. « accusatore » « tentatore »). Nome usato per indicare Lucifero o Satana, capo degli angeli ribelli. Le allusioni a Satana e ai suoi seguaci sono frequenti nella Bibbia (per es., Sap 2,24; Mt 25,41; Lc 10,18; Gd 6,9; Ap 12,9‑12; 16,14). Cf. Angeli; Demòni.

 

Didachè  (Gr. « insegnamento »). 

Opera della fine del I secolo, compilata da un autore giudeo‑cristiano della Siria occidentale o dell'Asia Minore orientale. Presenta le vie che conducono alla vita o alla morte, come anche materiale riguardante il battesimo, il digiuno, la preghiera, i profeti e l'Eucaristia. Dopo gli scritti del NT, la Didachè e la Prima Lettera di Clemente sono i documenti più antichi che abbiamo sull'ordinamento della Chiesa. Cf Padri apostolici.

 

Digiuno. 

Astenersi dal cibo per motivi religiosi, come pentimento (Gl 1,14; Gn 3,7) o come preparazione ad una missione speciale (Mt 4,12; At 13,2‑3), accompagnato di solito dalla preghiera (At 14,23). Il digiuno può essere quantitativo (quando la quantità di cibo da consumare è limitata), o qualitativo (quando certi tipi di cibo, come la carne, non vengono presi (= astinenza). Dopo aver digiunato nel deserto (Lc 4,2), Gesù fu criticato durante il suo ministero perché non digiunava come i Farisei (Mt 11, 18‑19), e egli, a sua volta, criticò coloro che praticavano il digiuno con ipocrisia (Mt 6,16‑18; Lc 18,12). Nella tradizione latina, i Cattolici osservano il digiuno il Mercoledì delle ceneri e il Venerdì Santo come giorni obbligatori, mentre i cristiani orientali si preparano specialmente per la Pasqua, ma anche per il Natale, con un digiuno di quaranta giorni. Inoltre, essi digiunano, per es., dalla domenica dopo Pentecoste alla vigilia dei santi Pietro e Paolo come anche nei quattordici giorni che precedono il 15 agosto, la kòimesis (dormizione) di Maria. Cf Astinenza; Preparazione al Natale; Quaresima; Quattro Tempora; Settimana Santa.

 

Dio.

È l'Essere supremo

  a) che va adorato e servito (Dt 6,4‑5),

  b) il quale, nella tradizione monoteista, è riconosciuto come personale, eterno, immutabile, onnisciente e creatore onnipotente.

  Secondo l'AT, il Dio unico e santo di Israele trascende il nostro mondo materiale e non si può rappresentare con immagini (Es 20,4; Lv 19,4; Dt 4,12.15‑24). Nello stesso tempo, Dio è sempre vicino al popolo eletto, lo ama con amore di alleanza e con la fedeltà misericordiosa di un padre (Gs 24; Is 46,1‑13; Os 2,14‑13). Con l'Incarnazione, l'auto‑comunicazione di Dio nella storia raggiunge il suo vertice nella rivelazione della Trinità. Nel Figlio e mediante lo Spirito che abita in essi, gli uomini sono adottati da Dio come figli (Gal 4,4‑6) e possono andare al Padre (Gv 14,6‑7). Sebbene l'AT avesse già accennato all'interesse di Dio per tutti i popoli (per es. Giona), Dio, nel NT, è rivelato come il Dio d'amore (1 Gv 4,7‑10.16) per tutti i popoli (Mt 28,19‑20; Rm 3,29‑30; 9,1-11,36). Cf Alleanza; Attributi divini; Creazione; Incarnazione; Monoteismo; Politeismo; Teologi; Trascendenza.

 

Diocesi. 

(Gr. « sistemazione della casa », « amministrazione »)

  a) Divisione amministrativa dell'Impero Romano in seguito alla riorganizzazione dell'imperatore Diocleziano (circa 245‑316; imperatore dal 284 al 305). All'inizio del V secolo, c'erano quindici diocesi nell'Impero romano, diviso da allora in Oriente e Occidente.

  b) Quando il termine entrò nel vocabolario della Chiesa, il suo significato variò grandemente: da quella che oggi chiameremmo una parrocchia, ad una esarchìa o distretto ecclesiastico comprendente varie provincie.

  c) Nell'uso corrente, « diocesi », o « archidiocesi » si riferisce ad un territorio che sta sotto l'immediata giurisdizione di un vescovo o di un arcivescovo, che governa a nome proprio e non come vicario di qualche altro. Per questo, è chiamato « vescovo diocesano », o « ordinario ». Una diocesi corrisponde nelle Chiese d'Oriente ad una eparchìa. Il CIC dà questa definizione: « La diocesi è la porzione del popolo di Dio che viene affidata alla cura pastorale di un vescovo con la cooperazione del presbiterio, in modo che, aderendo al suo pastore e da lui riunita nello Spirito Santo mediante il Vangelo e l'Eucaristia, costituisca una Chiesa particolare... » (CIC 369). Cf Arcivescovo; Eparchìa; Esarchìa; Ordinario; Patriarca; Santa Sede; Vescovo.

 

Dio tappabuchi. 

È un'espressione che si usa per denunciare l'errore di coloro i quali

  a) cercano Dio nei fenomeni di cui la scienza non riesce a dare spiegazione, e

  b) dimenticano che Dio è attivamente presente all'interno di tutti i processi del mondo creato.

 

Diritti umani. 

Si tratta di tutto ciò che spetta a rigore di giustizia agli esseri umani in quanto creati ad immagine e somiglianza di Dio e chiamati con lui alla vita eterna. Vanno annoverati tra questi: la libertà di coscienza, il diritto alla vita, al lavoro, al matrimonio, all'educazione e alla proprietà. Il terzo comandamento del Decalogo (Es 20,2‑17; Dt 5,6‑21) assicurò il riposo periodico per i lavoratori poveri e per gli schiavi. Molte leggi dell'AT e denunce dei profeti contro l'ingiustizia (2 Sam 11,1-12,14; Is 5,23) riguardano diritti umani fondamentali. L'AT chiede ripetutamente protezione per gli orfani, le vedove e gli stranieri (Dt 24,17‑22; 27,19). Nonostante l'uguaglianza fondamentale di tutte le persone in Cristo (Gal 3,28), il volto della vita cristiana è stato continuamente deturpato dalla schiavitù, dall'oppressione della donna, dall'antisemitismo e da altre offese contrarie ai diritti umani. D'altra parte, per molti secoli, i monaci e altri gruppi ecclesiali sono stati spesso gli unici a provvedere all'educazione, alla cura dei malati, degli emarginati e dei moribondi. La Magna Carta (1215), la Dichiarazione Americana dell'Indipendenza (1776) e la Dichiarazione dei diritti umani delle Nazioni Unite (1948) figurano tra le affermazioni più importanti che hanno espresso e incoraggiato una maggiore consapevolezza dei diritti umani. Tra i molti cristiani che hanno lottato per i diritti umani, bisogna ricordare: Bartolomé de las Casas (1484‑1566), William Wilberforce (1759‑1833), Daniel O'Connell (1775‑1847), il vescovo Guglielmo Emmanuele Ketteler (1811‑1877), il cardinale Enrico Edoardo Manning (1808‑1892), Martin Luther King, junior (1929‑1968), e i papi a partire da Leone XIII (1810‑1903). Il Concilio Vaticano II ricordò un lungo elenco di diritti umani (GS 27, 29, 66). In particolare, un intero documento (Dignitatis humanae) fu dedicato ai diritti delle persone e delle comunità in questioni religiosi attinenti con la libertà civile e sociale. Questo sviluppo nell'insegnamento della Chiesa fu preparato e incoraggiato da un teologo americano John Courtney Murray (1904‑1967). Cf Antropologia; Decalogo; Immagine di Dio; Libertà religiosa; Teologia femminista; Teologia nera.

 

Diritto canonico. 

Insieme di leggi codificate che vanno osservate dai Cattolici, sia individualmente, sia dai vari gruppi costituiti nella Chiesa. In particolare, si tratta del Codice promulgato da Giovanni Paolo II nel 1983, che ha sostituito quello del 1917, e del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, promulgato il 18 ottobre 1990. Cf Codice di Diritto Canonico; Codice dei Canoni delle Chiese Orientali; Corpus Iuris Canonici; Fonti del diritto canonico orientale; Nomocanone.

Discesa agli inferi. 

Termine tradizionale con cui si indica:

  a) il soggiorno di Cristo tra i morti dopo la sua morte sulla Croce;

  b) la sua vittoria sulla morte, che l'iconografia bizantina esprime spesso col raffigurare Adamo ed Eva liberati da Cristo. Praticamente, questa rappresentazione è l'icona caratteristica della Pasqua e è chiamata anche anàstasis (Gr. « risurrezione »). Cf Icona; Triduo pasquale.

 

Discernimento degli spiriti. 

Dono speciale che consiste nel rendere capaci di distinguere i carismi divini da influssi puramente naturali o diabolici (1 Cor 12,10). Per valutare se certi casi particolari provengono dallo Spirito di Dio o dallo spirito del male e dell'errore (1 Gv 4,1‑6), molti Padri della Chiesa e autori posteriori hanno suggerito certe norme, come quelle elaborate da sant'Ignazio di Loyola (1491‑1556), per coloro che fanno gli Esercizi Spirituali. Cf Carismi; Esperienza Religiosa; Prudenza.

Disciplina dell'arcano  (Lat. « disciplina del segreto »). 

Prassi della Chiesa primitiva che conservava il segreto sui riti e sugli insegnamenti più sacri, per accertarsi che i catecumeni e i pagani non li trattassero irriverentemente. Cf Catecumenato.

 

Dittici. 

(Gr. « doppio, congiunto, doppia tavoletta scritta »).

I nomi di persone, vive e defunte, da leggersi durante l'Eucaristia, erano scritti originariamente su due tavolette di legno, unite con una cerniera. Di qui il nome di « dittici ». Il nominare persone di riguardo significava la comunione con loro, mentre il cancellarne i nomi dall'elenco significava la scomunica. L'uso dei dittici dei vivi esiste ancora nelle occasioni più solenni nei pontificali della liturgia bizantina. Cf Preghiere eucaristiche.

 

Divinizzazione. 

Cf Deificazione.

 

Docetismo. 

(Gr. « apparenza »).

Una delle prime eresie secondo cui il Figlio di Dio aveva solo un'apparenza umana. La realtà corporale di Cristo andava considerata celeste, o comunque un corpo solo apparente, mentre un altro, per esempio, Simone di Cirene avrebbe sofferto al suo posto. Contro le teorie docetiste, già respinte nel NT (1 Gv 4,1‑3; 2 Gv 7), la Chiesa insegnò che Cristo aveva preso da Maria un corpo autentico come il nostro e che aveva sofferto in modo umano reale (DS 76, 292, 1338, 1340‑1341; FCC 0.514, 4.008). Cf Cristologia; Teologia giovannea.

 

Dogma  (Gr. « opinione », o « decreto »). 

Verità divinamente rivelata, proclamata come tale dal Magistero autorevole e infallibile della Chiesa, e perciò con forza vincolante da allora e per sempre per tutti i fedeli (DS 3011; 3073‑3075; FCC 1.070, 7.198, 7.199; LG 25). Nonostante la loro grande importanza, i dogmi non sono la norma suprema. « Insieme con la Sacra Tradizione, la Chiesa ha sempre considerato e considera le divine Scritture come la regola suprema della propria fede » (DV 21), e questa regola suprema viene celebrata nel culto della Chiesa. Nella Chiesa Ortodossa, si intende per dogma un insegnamento conciliare (specialmente quello dei primi sette concili ecumenici), accettato da tutte le Chiese particolari in comunione fra di loro e destinato ad alimentare i fedeli nella liturgia e nella vita. Cf Concilio Ecumenico; Deposito della fede; Gerarchia delle verità; Magistero; Rivelazione; Sette Concili ecumenici.

 

Domenica  (Lat. « del Signore »; 

« Sunday », in inglese, significa: « il giorno del sole »; così pure « Sonntag » in tedesco). È il « Giorno del Signore » (Ap 1,10), giorno in cui i cristiani riposano dal lavoro per ricordare con gioia la risurrezione di Cristo (Mc 16,1‑2), la creazione del mondo da parte di Dio e la discesa dello Spirito Santo. Le Chiese d'Oriente chiamano la domenica « l'ottavo giorno » per ricordare come la risurrezione di Cristo ha rigenerato l'universo. Il NT ci dice che i cristiani si incontravano la domenica per celebrare l'Eucaristia (At 20,7; cf 1 Cor 16,2). All'inizio del II secolo, sia Ignazio di Antiochia che un governatore romano, Plinio il Giovane, ricordano che i cristiani si riuniscono in quel giorno per il culto. Il Concilio di Elvira, in Spagna (circa 306), stabilì con legge l'osservanza della domenica, e nel 321 Costantino il Grande prescrisse l'astensione dal lavoro in quel giorno. Il Diritto Canonico ribadisce l'obbligo di partecipare alla Messa e di astenersi « da quei lavori e da quegli affari che impediscono di rendere culto a Dio e turbano la letizia propria del giorno del Signore o il dovuto riposo della mente e del corpo » (CIC 1246‑1247). Cf Avventisti del Settimo Giorno; Sabato.

 

Donatismo. 

Scisma sorto nel 311 circa in seguito all'ordinazione episcopale di Ceciliano di Cartagine per le mani di un vescovo (Felice d'Aptunga) che era accusato di essere stato un traditore durante la persecuzione dell'imperatore Diocleziano. I vescovi dissidenti scelsero invece Maggiorino, a cui succedette poi Donato; di qui, il nome di donatismo. Sembra che i donatisti abbiano negato la validità dei sacramenti amministrati da ministri indegni e abbiano affermato la necessità di un nuovo battesimo per i cristiani ricaduti in peccato (cf DS 123,705 e 913; FCC 9.040). Sant'Agostino di Ippona (354‑430) si oppose fermamente ai donatisti. Una « Conferenza » (Collatio) tenutasi a Cartagine nel 411 fiaccò questo movimento che finì per scomparire quando i Saraceni distrussero la Chiesa nord‑africana. Cf Novazianismo; Scisma; Validità.

 

Doni dello Spirito Santo. 

Sono i modi con cui lo Spirito di Dio si manifesta tra gli uomini. All'elenco del testo ebraico di Isaia 11,2‑3 (sapienza, intelligenza, consiglio, fortezza, conoscenza, timore del Signore), la Settanta e la Volgata aggiunsero la « pietà », raggiungendo così il dono settiforme. In origine, i sette doni erano visti come una descrizione poetica delle abbondanti benedizioni di Dio sul re messianico; in seguito vennero interpretati come grazie date ai cristiani mediante lo Spirito Santo che abita in loro. Cf Carismi; Glossolalia; Grazia; Messia; Settanta; Volgata.

 

Doni preternaturali. 

Doti speciali elargite alla natura umana di Adamo ed Eva oltre al dono fondamentale e soprannaturale della grazia. L'insegnamento ufficiale della Chiesa parlava di integrità (ossia assenza di concupiscenza) e di immortalità (DS 222, 370‑396, 1515‑1516, 1926, 1955, 1978, 2616‑2617, 3514; FCC 2.050, 3.049, 3.052‑3.053, 3.059‑3.060, 3.064‑3.066, 8.031‑8.038), mentre la riflessione teologica  suggeriva anche altri privilegi. Cf Concupiscenza; Giustizia originale; Paradiso; Peccato originale; Poligenismo; Soprannaturale.

 

Dossologia. 

Rendere gloria a Dio. I Salmi glorificano Dio frequentemente (Sal 8; 66; 150). Così fa pure il NT (Rm 16,27; 1 Tm 6,16; 1 Pt 4,11; Ap 4,11; 5,12).

  a) La Chiesa primitiva sviluppò quella che venne conosciuta come dossologia « gerarchica »: « Sia gloria al Padre per mezzo del Figlio nello Spirito Santo ». Quando gli Ariani ne abusarono per sostenere che il Figlio era inferiore al Padre e lo Spirito era inferiore al Figlio, san Basilio Magno (circa 330‑379) contribuì ad introdurre la formula « paritaria »: « Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo ». Quest'ultima dossologia divenne dominante ed è chiamata la « dossologia breve ». La dossologia « lunga », o « grande »: « Gloria a Dio nell'alto dei cieli...», è recitata o cantata nella Messa Latina (cf Lc 2,14).

  b) Un inizio dossologico di teologia, formata dal culto e dalla regola di preghiera, è stato sviluppato in Occidente da G. Wainwright (nato nel 1939) e da altri.

  Cf Gloria; Teologia Orientale.

 

Dottore della chiesa.

Titolo dato a certi santi per il loro insegnamento ortodosso e eminente. A partire dal secolo VIII, l'Occidente riconobbe quattro Dottori eminenti: il papa Gregorio Magno (circa 540‑604), Ambrogio di Milano (circa 339‑397), Agostino di Ippona (354‑430) e Girolamo (circa 342‑420). Un secolo dopo, in Oriente, Basilio Magno (circa 330‑379), Gregorio Nazianzeno (328‑389) e Giovanni Crisostomo (circa 347‑407) furono riconosciuti come « i Tre Maestri Gerarchi e Ecumenici ». L'Occidente aggiunse Atanasio di Alessandria (circa 296‑373), in modo che l'Oriente avesse quattro dottori corrispondenti ai quattro dottori occidentali. Il papa Benedetto XIV (1675‑1758 ) elaborò le norme da seguire per dare ad uno il titolo di Dottore della Chiesa. Il papa Paolo VI aggiunse due donne sante all'elenco dei Dottori della Chiesa: santa Caterina da Siena (circa 1347‑1380)  e santa Teresa d'Avila (1515‑1582). Cf Padri cappadoci; Tre Teologi.

 

Dottrina. 

È l'insegnamento del Magistero della Chiesa nelle sue molteplici forme. Esso intende comunicare non solo l'ortodossia della fede, ma anche nutrire la vita e la pietà cristiana. Cf Magistero; Ortodossia.

 

Dottrina sociale. 

L'insegnamento della Chiesa circa i diritti e i doveri dei vari membri della società nei loro rapporti col bene comune, sia nazionale che internazionale. Il messaggio di conversione di Gesù invitava i benestanti ad avere cura dei poveri, storpi, zoppi e ciechi (Lc 14,12‑14). Il giudizio finale dovrebbe esortarci ora a venire incontro alle necessità materiali degli affamati, degli stranieri, dei nudi, malati e prigionieri (Mt 25,31‑46). Generalmente, il NT dimostra lo stesso interesse pratico per i bisognosi (At 4,32-5,11; Rm 12,8; 1 Cor 13,3; Eb 13,16; 1 Gv 3,17; Gc 1,27; 2,14‑17). Sant'Ambrogio (circa 339‑397), san Giovanni Crisostomo (circa 347‑407) e altri Padri della Chiesa hanno predicato lo stesso messaggio. Per secoli, le istituzioni della Chiesa sono state quasi sole a prendersi cura degli emarginati sociali, come le vedove, gli orfani, i malati e i prigionieri, e ad occuparsi dell'istruzione attraverso gli ordini monastici come i Benedettini. San Vincenzo de' Paoli (circa 1580‑1660), le Figlie della Carità, le Sorelle della Misericordia, Antonio Federico Ozanam (1813‑1853), Giuseppe de Veuster (1840‑1889), conosciuto come Padre Damiano, Adolfo Kolping (1813‑1865) e molti altri spesero la loro vita a venire incontro alle necessità dei poveri e dei sofferenti. La prima grande enciclica sociale fu quella di Leone XIII nel 1891 Rerum Novarum (Lat. « Delle cose nuove ») che trattò di problemi come quello del giusto salario e della proprietà privata. Quarant'anni dopo, nel 1931, Pio XI riprese questi temi e altri connessi nell'enciclica Quadragesimo Anno (Lat. « Nel quarantesimo anniversario »). L'enciclica di Giovanni XXIII Mater et Magistra (« Madre e Maestra ») aggiornò l'insegnamento sociale della Chiesa con un'occhiata all'intervento dello Stato a favore dei bisognosi, mentre nella Pacem in terris (« Pace sulla terra ») del 1963, auspicava un ordine sociale internazionale basato sul pieno rispetto dei diritti umani. Il Concilio Vaticano II parlò della libertà religiosa nella Dichiarazione Dignitatis humanae (1965). Lo stesso Concilio auspicò a tutti i livelli un ordine sociale più specifico e più giusto (GS 9, 63‑93), invitando tutti i membri della Chiesa a partecipare attivamente nelle cause sociali (AA 7,8,13). Sebbene la missione che Cristo ha dato alla Chiesa non riguardi primariamente il campo politico, economico e sociale, la fede religiosa accresce i nostri obblighi verso il prossimo bisognoso (GS 42). Nell'enciclica Populorum Progressio (« progresso dei popoli ») del 1967, Paolo VI affermò che il nome nuovo della pace doveva essere uno sviluppo economico attento alla persona umana nella sua integralità. La giustizia sociale, la solidarietà internazionale e i diritti umani sono temi costanti nell'insegnamento di Giovanni Paolo II. Li ha espressi soprattutto nell'enciclica sociale del 1981, Laborem exercens (« Esercitando il lavoro »), in quella del 1987, Sollicitudo rei socialis (« Interesse per il problema sociale ») e in quella del 1o maggio 1991, Centesimus annus (« Centesimo anno » dall'enciclica Rerum Novarum). Cf Enciclica; Giustizia; Opzione per i poveri; Diritti umani; Sussidiarietà; Teologia della liberazione; Teologia morale.

 

Doxa (Gr. « gloria »). 

La maestà sublime e lo splendore radioso di Dio rivelati nella storia d'Israele (specialmente nell'Esodo: Es 14,4.17‑18; 15,1‑21), attraverso la natura (Es 24,15‑17; Sal 104,31‑32) e nell'esperienza della santità divina (Is 6,1‑7). Luca collega la gloria di Dio con la nascita di Gesù (Lc 2,9), con la trasfigurazione (Lc 9,31‑32), con l'ingresso trionfale in Gerusalemme (Lc 19,38), con la risurrezione dai morti (Lc 24,26) e con l'Ascensione (At 1,9.11; 7‑55). Il Vangelo di Giovanni comincia con la contemplazione della gloria divina (Gv 1,14) che si rivela già nella vita di Cristo e specialmente nei suoi segni miracolosi (Gv 2,11). In Gesù Cristo rifulge la gloria divina (2 Cor 4,4‑6) e sarà pienamente manifesta alla fine (Tt 2,11‑13). La parola doxa è un'idea chiave per la teologia orientale ed esercita un influsso sempre crescente in Occidente. Cf Dio; Metodi in teologia; Rivelazione; Teologia della bellezza; Theologia Gloriae; Trasfigurazione.

 

Dualismo. 

Qualsiasi interpretazione della realtà che spieghi ogni cosa mediante due princìpi primordiali assolutamente indipendenti l'uno dall'altro. Un esempio di dualismo nella filosofia si trova, per esempio, in René Descartes (1596‑1650). Egli interpreta l'universo in termini di due princípi irriducibili, spirito e materia, anche se, in ultima analisi, ritiene che Dio abbia creato entrambi. Il dualismo teologico radicale propone due divinità antagonistiche, una buona ed una cattiva, come sostenevano i Manichei e alcuni Gnostici nella Chiesa primitiva, e, nel Medioevo, gli Albigesi e i Catari in Occidente, e i Bogomili in Oriente. Il Cristianesimo riconosce una dualità distinta tra l'anima e il corpo, e soprattutto tra Dio e l'universo creato, ma proclama che in Cristo tutto è stato riconciliato con Dio (2 Cor 5,18‑20). Cf Albigeismo; Bogomili; Catari; Gnosticismo; Manicheismo.

 

Dubbio. 

Incertezza o sospensione di  assenso intorno a qualche verità di fede o anche sulla fede nel suo complesso. L'affrontare onestamente questioni serie o punti difficili non costituisce un dubbio peccaminoso. Cf Assenso di fede; Fede.

Duotelismo.  (Gr. « due volontà »). 

Il Magistero della Chiesa riconosce in Cristo due volontà, appartenenti alle due nature di Cristo. Quantunque separate, la volontà divina e la volontà umana di Cristo operano insieme in una perfetta unità morale (cf DS 2531). Cf Concilio Costantinopolitano III; Monofisismo; Monotelismo.