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Laico (Gr. « popolo »). 

Il fedele che è stato pienamente incorporato nella Chiesa attraverso il battesimo, la cresima e l'Eucaristia (1 Pt 2,9‑10), ma non ha ricevuto gli Ordini sacri e non è divenuto chierico. Per designare Israele come popolo scelto di Dio, l'ebraico dell'AT usa il termine « ’am », tradotto dai Settanta con « laòs » (cf Es 19,3‑7; Dt 7,6; 14,2). Questa parola, sia quella ebraica che quella greca, può riferirsi anche al popolo in quanto distinto dai suoi capi: sacerdoti, profeti e principi (cf Is 24,2; Ger 26,11). Il NT riconosce vari uffici, ministeri e doni dello Spirito che vengono distribuiti in una collaborazione armoniosa per il bene dell'intera Chiesa (cf 1 Cor 12,4‑31; Rm 12,3‑8). Una ulteriore distinzione tra clero e laicato ha comportato alle volte una sottolineatura del clero, come se i chierici soli fossero la Chiesa reale (cf DS 3050‑3075; FCC 7.176‑7.199). Questa visione unilaterale fu controbilanciata dal Concilio Vaticano II il quale insistette non solo sul fatto che « la Chiesa » consiste nell'intero Popolo di Dio e non nella sola gerarchia (cf LG 9), ma anche ricordò che i laici sono chiamati alla santità e ad un'ampia responsabilità nella vita della Chiesa e del mondo (LG 30‑38; 39‑42; AG 41; anche CIC 224‑231). Cf Chierico; Clero; Comunità di base; Gerarchia; Ministero; Ordine; Riduzione allo stato laicale; Sacerdoti.

Lambeth. 

Cf Conferenza di Lambeth.

Lassismo (Lat. « rilassatezza »).

Si chiama così una tendenza della teologia morale del secolo XVII che dispensava facilmente i cristiani dai loro doveri per motivi fragili e insufficienti. Nelle sue Lettere provinciali (1657), Blaise Pascal attaccò la casistica dei Gesuiti, interpretata erroneamente come una forma di lassismo. Il lassismo fu condannato da Alessandro VII nel 1655 (DS 2021‑2065) e da Innocenzo XI nel 1679 (DS 2101‑2165). Cf Casistica; Probabilismo.

Latae sententiae (Lat. « sentenza imposta »). 

Sanzione ecclesiastica in cui si incorre automaticamente « per il fatto stesso d'aver commesso il delitto, sempre che la legge o il precetto espressamente lo stabilisca » (CIC 1314; cf 1318). Il Codice del 1983 ha ridotto il numero di simili sanzioni. Esempi che rimagono sono le scomuniche in cui incorrono automaticamente coloro che profanano il Santissimo Sacramento (CIC 1367) o che collaborano all'aborto (CIC 1398). Nel CCEO non ci sono sanzioni « latae sententiae. Cf Ferendae sententiae.

Lateranense. 

Cf Concili lateranensi.

Latria.

Omaggio religioso dovuto a Dio in quanto Creatore, Redentore e Santificatore. Questo omaggio insiste sulla lode e sul ringraziamento più che sulla petizione. Cf Adorazione; Culto.

Legge. Un modello comune che traccia la via secondo cui gli esseri umani devono agire (come si può vedere, per es., nelle leggi della storia e nelle leggi fisiche). In un senso normativo, la legge riconosce e regola i diritti e i doveri dei cittadini o dei credenti in modo da rendere possibile e promuovere il bene comune nell'umana società e nella Chiesa. « La Legge » può anche designare la religione ebraica (At 23,29), così come « il santo precetto » fu un modo di riferirsi al cristianesimo (2 Pt 2,21). La legge dell'amore (Mt 22,36.38) deriva dall'AT, ma ha ricevuto una nuova forza in quanto fu personificata in Cristo (Gv 13,34; 15,12‑13). Cf Antinomianismo; Autonomia; Decalogo; Diritto Canonico; Eteronomia; Legge naturale; Legge e Vangelo; Torah.

Legge e vangelo. 

Il contrasto enfatizzato da Martin Lutero (1483‑1546) tra

  a) gli sforzi vani di essere redenti mediante il proprio operato religioso e

  b) la giustificazione che proviene solo dalla fede, in quanto il vangelo « è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede » (Rm 1,16).

  Secondo questo schema, la legge, anche quella data da Dio a Mosè, accresce la nostra consapevolezza di essere radicalmente legati al peccato. La Parola di Dio annuncia che siamo resi liberi mediante i meriti di Gesù Cristo i quali ci vengono graziosamente imputati e così diveniamo partecipi, mediante la fede, della giustizia di Cristo. Sebbene lo si intenda come principio per interpretare l'intera Scrittura e la vita stessa, il concetto di « Legge e Vangelo » ha portato alle volte ad un contrasto esagerato tra AT e NT. Cf Concilio di Trento; Fede e Opere; Giustificazione; Imputazione; Legge; Luteranesimo; Riforma; Torah.

Legge naturale.

La legge morale universale data da Dio nello stesso atto di creare gli esseri umani e conoscibile alla luce della ragione (cf GS 79; DH 2). La letteratura pagana, come nel passo famoso dell'Antigone di Sofocle (circa 497‑406 a.C.), la tradizione giuridica occidentale, la Bibbia (per es., Rm 2, 14‑15) ed altri ancora rendono testimonianza alla legge naturale che indica la retta via per agire liberamente e responsabilmente come esseri umani. Il peccato rende più difficile il discernere e l'obbedire alla legge naturale (cf Mt 19,1‑9). I princìpi più importanti della legge naturale sono elencati nel Decalogo. Alla luce della sola legge naturale, è spesso difficile raggiungere la certezza morale su problemi specifici di aree come quelle rapporti internazionali, la giustizia sociale e il comportamento sessuale. Cf Decalogo; Legge; Libertà; Peccato; Teologia morale.

Leggi della Chiesa.

Precetti particolari che obbligano tutti i membri della Chiesa Cattolica. Comprendono l'obbligo della Messa nella domenica e nelle feste di precetto (CIC 1246), l'obbligo di confessare i peccati gravi e di comunicarsi almeno una volta all'anno (CIC 920, 989), di osservare i precetti dell'astinenza e del digiuno e di contribuire al sostentamento della Chiesa e al soccorso dei poveri (CIC 222). Cf Diritto Canonico; Matrimonio.

Lettera.

Cf Epistola.

Letteratura apocalittica (Gr. « scoprire », « rivelare »).

È un genere letterario che va dal 200 a.C. al 100 d.C. e che intende rivelare misteri divini, soprattutto i segni che precederanno la fine (già stabilita) di tutta la storia, la risurrezione dei morti e giudizio finale che porterà alla trasformazione finale del mondo. Gli scritti apocalittici comprendono sia opere non canoniche (per es., Enoc), sia opere canoniche (per es., Daniele, Apocalisse e Marco 13). Cf Escatologia; Parusìa; Risurrezione dei morti; Rivelazione.

Letteratura sapienziale.

Un genere di letteratura che si è sviluppato nell'antico Medio Oriente (ed altrove) e a cui appartengono cinque libri dell'AT: Giobbe, Proverbi, Qohèlet (o Ecclesiaste), Siracide (o Ecclesiastico) e Sapienza. (Qualche volta, il Cantico dei Cantici e i Salmi sono aggiunti a questo elenco). La parola ebraica che sta per sapienza è hokmàh, e può riferirsi all'abilità di un artigiano (Es 31,6), alla capacità amministrativa (Gn 41,39) e alla guida politica (Dt 34,9). Pur non evitando problemi etici e religiosi, l'antica sapienza ha illustrato spesso massime e proverbi per progredire. La sapienza d'Israele è andata più a fondo e ha perfino affrontato problemi come quello della sofferenza inspiegabile di persone che, come Giobbe, sono irreprensibili dinanzi a Dio. Il re Salomone (morto nel 931 circa) fu considerato il saggio per eccellenza (cf il suo famoso giudizio in 1 Re 3,16‑28). La vera sapienza viene da Dio e aiuta gli esseri umani a discernere il bene dal male (1 Re 3,5‑9). È una delle qualità spirituali del Messia (Is 11,2). Come la Parola di Dio, la sapienza tende ad essere personificata nell'AT e prepara la rivelazione del NT del Figlio di Dio eternamente preesistente (Prv 8,22‑31; Sap 7,22-8,1 Sir 24,1‑22). Le parabole di Cristo riflettono la sapienza dell'AT; per esempio, la parabola del fattore infedele (Lc 16,1‑8) e quella delle vergini stolte e delle vergini prudenti (Mt 25,1‑12). Eppure, la sapienza di Dio è stoltezza per i sapienti (Mt 11,25; 1 Cor 1,18‑2,5). Cf Sophìa; Stolti per amore di Cristo.

Lettore. 

Colui che legge la Scrittura durante i servizi liturgici. Le Chiese orientali hanno conservato questo ufficio antico come uno degli Ordini minori. La riforma del 1972 nella Chiesa Cattolica ha conservato due degli Ordini minori come ministeri: l'ufficio di lettore e quello di accolito. Durante la Messa, anche i laici possono leggere la Scrittura, eccetto il Vangelo che è riservato ai diaconi e ai presbiteri. Cf Chierico; Liturgia; Ordine.

Lettura. 

Brani scelti (primariamente dalla Bibbia) da leggersi durante gli uffici liturgici. Questa prassi risale alla Sinagoga in cui si leggevano la legge e i profeti. Nella celebrazione eucaristica, un brano dell'AT precede l'epistola e il vangelo. Per l'Ufficio divino, o Liturgia delle Ore, le letture sono tolte non solo dalla Bibbia ma anche dai Padri, da Santi e da altri autori spirituali. Cf Epistola; Vangelo.

Lex orandi ‑ lex credendi (Lat. « La legge della preghiera è la legge della fede »). 

La forma completa di questo assioma è: « Legem credendi lex statuat supplicandi » (« La legge della preghiera stabilisca la legge della fede ») e risale a san Prospero di Aquitania (circa 390 ‑ circa 463). Segretario del papa Celestino I, egli compose l'Indiculus, un volumetto sulla grazia tratto da sant'Agostino di Ippona (354‑430) (DS 246; FCC 8.017). Dalla necessità di pregare per tutti  (1 Tm 2,1‑4), Prospero dedusse la necessità universale della grazia. La preghiera, specialmente la preghiera eucaristica, ha un ruolo essenziale nell'interpretazione della fede cristiana come ha riconosciuto da sempre la teologia orientale. La teologia occidentale, invece, ha dato tante volte una scarsa importanza a questo principio, e alle volte nessuna. Nel suo classico lavoro sulle fonti e argomenti teologici, Melchior Cano (1509‑1560) non elenca la liturgia come locus theologicus (Lat. « luogo teologico »), e molti lo hanno seguito in questa omissione. Cf Liturgia; Metodi in teologia; Sviluppo della dottrina.

Lezionario.

Libro liturgico che contiene le letture ufficiali per le varie feste e periodi dell'anno. Cf Calendario liturgico; Festa.

Liberalismo. 

Una tendenza spinta in politica e in religione che ha seguito l'Illuminismo nel sostenere la libertà e il progresso e nell'accogliere le nuove idee provenienti dalla scienza e dalla cultura del giorno. Nel suo aspetto migliore, il liberalismo ha promosso la giustizia sociale e un'educazione aperta. Nel suo aspetto peggiore, è divenuto una forma di umanesimo secolare che respinge l'autorità religiosa, giudica il cristianesimo dallo spirito del tempo, ed è incompatibile con la fede ortodossa. Cf Illuminismo; Modernismo; Protestantesimo liberale; Umanesimo.

Liberazione. 

Cf Teologia della liberazione.

Libertà. 

 Il potere di auto‑determinazione, cioè, di scegliere deliberatamente e di seguire lo svolgersi di un'azione. Creati ad immagine di Dio, gli esseri umani hanno questa capacità che è stata intaccata, ma non distrutta dal peccato (DS 1965‑1967; FCC 8.124, 8.132). Mediante la redenzione, Cristo ci ha resi liberi (Gal 5,13; 1 Pt 2,16) e questa libertà è la caparra della nostra libertà futura nella gloria (Rm 8,18‑25). Cf Antropologia; Concupiscenza; Immagine di Dio; Libertà religiosa; Peccato; Toràh.

Libertà religiosa.

Il diritto di ogni persona umana e di ogni gruppo di praticare la propria religione senza alcuna interferenza da parte di altri gruppi. Dopo secoli di persecuzioni, la Chiesa ha ottenuto la libertà con il cosiddetto Editto di Milano del 313, godendo tolleranza e sostegno da parte di Costantino il Grande (morto nel 337), il quale è onorato come santo dagli Ortodossi. In un tempo in cui il cristianesimo dominava nella vita d'Europa, san Tommaso d'Aquino (circa 1225‑1274) affermò che, siccome la loro defezione costituiva una minaccia per l'edificio sociale, i cristiani apostati dovevano essere riconquistati anche con la forza sostenendo d'altra parte che un'interferenza del genere sui non cristiani sarebbe stato un peccato contro la giustizia naturale. Secoli di guerre di religione, di persecuzioni e discriminazioni in nome delle religioni stabilite hanno ripetutamente messo in evidenza il male di una simile intolleranza. Purché i seguaci di una data religione non infrangano i diritti degli altri, la loro libertà va rispettata e protetta. Il Concilio Vaticano II ha affermato il diritto di libertà nella pratica della propria religione, in particolare per i gruppi minoritari (cf DH 2‑8; 15; NA 4‑5). Il mondo ricorda con riconoscenza difensori contemporanei della libertà religiosa, come Roger Williams (circa 1604‑1684), Thomas Jefferson (1743‑1826), Mohandas Gandhi (1869‑1948) e John Courtney Murray (1904‑1967). Cf Chiesa e Stato; Diritti umani; Libertà; Tolleranza.

Libri deuterocanonici. 

Termine cattolico con cui si indicano quei libri che si trovano nella versione greca dell'AT (« la versione dei Settanta »), ma non nella versione ebraica. Cf Apocrifi; Settanta.

Limbo (Lat. « frangia del vestito »).

Il « luogo » dove si suppone che vadano i bambini non battezzati che muoiono col peccato originale, ma con nessuna colpa personale (limbus puerorum, limbo dei bambini). Quanto alle anime delle persone rette che sono morte prima della venuta di Cristo, si pensa che abbiano atteso la sua venuta nel limbo dei Padri, limbus Patrum. I teologi hanno pensato comunemente che il limbo non comportasse nessun castigo, ma una felicità naturale che, però, è priva della felicità piena proveniente dalla visione beatifica.4 Cf Discesa agli inferi; Peccato originale; Visione beatifica; Vita dopo morte.

Lingua volgare.

È la lingua del luogo che viene usata nella liturgia. Le liturgie sono cominciate di solito con la lingua del luogo, eccetto quando un'altra lingua fu introdotta dai missionari o imposta da un popolo conquistatore. La storia della liturgia illustra, però, costantemente un fenomeno religioso più profondo: la tensione tra la necessità che ha il popolo di capire i testi e il desiderio di riconoscere la misteriosa alterità di Dio con l'uso di un linguaggio classico, numinoso. In Occidente, il greco era usato nella liturgia nei primi secoli fino a quando il latino prese gradualmente il sopravvento. Roma incoraggiò i santi Cirillo (circa 826‑868) e Metodio (circa 815‑885) a usare lo slavone tra gli Slavi dell'Europa centrale. I promotori della Riforma, mentre continuarono ad usare il latino in teologia, introdussero la lingua volgare per il culto pubblico. Nel 1963, il Concilio Vaticano II approvò ufficialmente la lingua volgare per i cattolici (cf SC 36, 54, 63, 101) nel rito romano. In Oriente, le varie Chiese nazionali usavano la lingua del popolo: l'arabo, l'armeno, il copto, il Ge'ez, il greco, il siriaco e così via. Però, col passare dei secoli, i testi liturgici erano diventati arcaici e di difficile comprensione. Molti cristiani orientali negli USA, in Canada e in Australia, per esempio, sono passati semplicemente all'inglese. Il problema dell'uso di una lingua arcaica o invece volgare non sarà mai pienamente e definitivamente risolto. Cf Evangelizzazione; Liturgia; Liturgia delle Ore; Riforma (La).

Lione. 

Cf Concilio di Lione.

Litania (Gr. « petizione », « processione religiosa »). 

Preghiera dialogata in cui un sacerdote, o un diacono o un cantore recita una serie di domande, o, in Occidente, invoca i titoli di Gesù o i nomi dei santi, e l'assemblea risponde con un responso fisso. La radice si trova nelle acclamazioni ripetute che sono frequenti in vari salmi (per es., Sal 118; 136). Le litanie dei cristiani, dapprima associate con processioni, sembrano aver avuto origine verso la fine del secolo IV ad Antiochia. La Chiesa bizantina fa uso frequente di litanie come le ectenìe e le sinaptè. Il responso più frequente è Kyrie eleison  (Gr. « Signore, pietà »). In Occidente, le litanie hanno un posto importante nella Veglia pasquale, nelle canonizzazioni dei santi, e nell'ordinazione dei vescovi, presbiteri e diaconi. Le litanie mariane, che hanno un vincolo speciale col santuario di Loreto, in Italia, sono state modellate sull'Akàthistos. Cf Akàthistos; Kyrie eleison.

Liturgia (Gr. « servizio pubblico »). 

Nel NT indica l'attività cultuale dei sacerdoti (Lc 1,23; Eb 8,6), o atti più ampi di servizio cristiano (Fil 2,17.30). Presso i Bizantini, a partire dal secolo IX, la parola « liturgia » si riferisce al culto comunitario, soprattutto indica la liturgia eucaristica o Messa. Originariamente, la Chiesa Latina parlava di divina officia, uffici divini, ma a partire dal secolo XVI adottò la terminologia bizantina. Il primo documento promulgato dal Concilio Vaticano II fu dedicato alla liturgia (cf SC 5‑13). Cf Culto; Eucaristia; Lex orandi ‑ Lex credendi; Movimento liturgico; Sacramento.

Liturgia della parola. 

Si chiama così la prima parte della celebrazione eucaristica. È così composta: preghiere d'introduzione dell'assemblea radunata per il culto e letture della Bibbia. L'ultima lettura è sempre il Vangelo. L'ideale è che questo sia seguito dall'omelia. In alcuni giorni, c'è anche il Credo e la preghiera dei fedeli. Cf Colletta; Epistola; Eucaristia; Messa dei catecumeni; Omelia; Parola di Dio; Professione di fede; Vangelo.

Liturgia delle ore. 

La preghiera ufficiale della comunità, che si riunisce in differenti ore del giorno o della notte per ascoltare passi della Scrittura (e altri) e recitare o cantare insieme salmi e altre preghiere. I partecipanti danno lode a Dio, compiono l'ufficio sacerdotale di Cristo, e intercedono per la salvezza del mondo intero (CIC 1173). Gli Ebrei ricordavano le benedizioni divine nel sacrificio del mattino e della sera nel Tempio (cf Es 29,38‑42; Nm 28,3‑8), mentre quelli che erano in esilio osservavano tempi fissi di preghiera (Dn 6,10). Le comunità cristiane, sia quelle di secolari che quelle monastiche, hanno sviluppato un programma quotidiano di preghiera comune. Quando i chierici non potevano essere presenti ai servizi comunitari, l'Occidente sviluppò il breviario (Lat. « abbreviato ») o versione breve delle ore canoniche per la recita privata. In Occidente, le ore canoniche dell'Ufficio divino sono diventate così: il Mattutino (o preghiera della notte), le Lodi, la Prima (o prima preghiera), la Terza (o preghiera delle ore nove), la Sesta (o preghiera del mezzogiorno), la Nona (o preghiera delle ore quindici), i Vespri e la Compieta (o preghiera finale di notte). Cf Breviario; Lodi; Monachesimo; Secolarismo; Vespri.

Liturgia di san Giovanni Crisostomo. 

Una liturgia attribuita al patriarca di Costantinopoli, san Giovanni Crisostomo (circa 347‑407). È questa la liturgia più comune nel rito bizantino. Quella di san Basilio entra in vigore il 1o gennaio, le domeniche di Quaresima (eccetto la Domenica delle Palme), il Giovedì Santo, il Sabato Santo, la vigilia di Natale e dell'Epifania (eccetto che cadano di sabato o di domenica), e nelle due stesse feste se cadono di domenica o di lunedì. Le liturgie di san Giovanni Crisostomo e di san Basilio hanno entrambe la seguente struttura: la pròthesis, o preparazione privata del pane e del vino; l'enarxis, o il servizio introduttivo di tre antifone; la sinassi, o letture della Scrittura (= liturgia della Parola); e la liturgia eucaristica (= pre‑anafora, anafora, comunione, ringraziamento e congedo). Cf Chiese Orientali; Eucaristia; Messa; Rito.

Liturgia eucaristica. 

Termine usato per la seconda parte della Messa; viene dopo la liturgia della Parola. Consiste nell'offerta del pane e del vino che vengono cambiati nel corpo e sangue di Cristo. Questa celebrazione ri‑presenta la morte sacrificale e la risurrezione di Cristo, e termina con la partecipazione al banchetto sacrificale della Comunione. Cf Comunione; Eucaristia; Liturgia della Parola; Messa; Sacrificio; Transostanziazione.

Locus theologicus (Lat. « luogo teologico »). 

I temi principali della fede cristiana (= luoghi comuni), o anche i princìpi fondamentali e le fonti per la teologia medievale, barocca e neoscolastica (e umanesimo del Rinascimento) nel presentare la dottrina in modo sistematico. In un'opera postuma, De locis theologicis (1563), Melchior Cano ha sviluppato l'impatto del nuovo umanesimo. Ha elencato sette loci che dipendono, direttamente o indirettamente, dall'autorità divina e dalla rivelazione:

  a) la Parola di Dio nella Scrittura;

  b) la tradizione degli Apostoli;

  c) la Chiesa universale;

  d) i Concili;

  e) l'insegnamento del Papa;

  f) i Padri della Chiesa;

  g) i teologi e i canonisti. Come aiuti aggiunti, Cano ricordava:

  h) la ragione naturale;

  i) i filosofi e i giuristi;

  j) la storia e la tradizione.

  Il metodo di Cano esercitò un grande influsso. Deve, però, lasciare più posto al mistero e inserire i temi della storia della salvezza e della liturgia. Cf Deposito della fede; Dogma; Dossologia; Lex orandi ‑ Lex credendi; Liturgia; Metodi in teologia; Neoscolastica; Rivelazione; Tradizione.

Lodi. 

Preghiera del mattino antica e ufficiale nella Chiesa d'Occidente. Si chiama « lodi mattutina » o « lodi dell'alba ». La preghiera del « Mattutino » si riferiva alla prima preghiera del mattino nei monasteri, mentre negli uffici delle cattedrali si chiamava « lodi ». Queste due preghiere si sono fuse nella preghiera del mattino che, dopo la riforma del Concilio Vaticano II, presenta questa struttura: l'invitatorio, un inno, tre salmi (uno dei quali può essere un cantico), una lettura tolta dalla Scrittura, un breve responsorio, il Benedictus, le intercessioni, il Padre nostro, la Colletta del giorno e la benedizione finale. Il « Mattutino » ha preso il nome di « Ufficio delle letture » ed è la preghiera della notte o della meditazione. Nel rito bizantino, l'Orthros (Gr. « alba »), o preghiera del mattino, è più lungo. Cf Colletta; Liturgia delle Ore.

Logos (Gr. « parola », « messaggio », « discorso », « ragione »). 

Nella filosofia greca, è il motivo che permea e regge il cosmo. I libri sapienziali dell'AT parlavano del Lògos come della sapienza personificata che Dio manifestava nel creare l'universo (Prv 8,31‑36; Sap 7,22‑30; 9,1‑2). Il filosofo ebreo Filone (circa 20 a.C. ‑ circa 50 d.C.) collegò la filosofia greca con la letteratura sapienziale dell'AT per presentare il Lògos come modello divino e attività finale nel creato. Nel pensiero di Giovanni, il Lògos è la Parola divina preesistente mediante cui « tutto è stato fatto » e che « si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi » (Gv 1,1‑14; 1 Gv 1,1‑2; Ap 19,11‑16). Il carattere « verbale » di questo titolo cristologico vuole insinuare che la divina auto‑rivelazione ha raggiunto il suo vertice con l'incarnazione storica del Lògos. Dopo Nicea, i termini « Lògos » e « Figlio di Dio » furono usati indifferentemente per designare la seconda persona della Trinità. Cf Apollinarismo; Appropriazione; Arianesimo; Concilio di Nicea I; Cristologia del Logos‑anthropos; Cristologia del Logos‑sarx; Parola di Dio; Titoli cristologici; Teologia giovannea.

Luce di gloria. 

Quella luce di cui hanno bisogno quanti sono in cielo per vedere Dio nella visione beatifica. Il Salmo 36,10 dice: « Alla tua luce vediamo la luce ». L'Apocalisse parla della luce divina che sostituisce la luce normale nella nuova Gerusalemme (Ap 21,23; 22,5). Contro gli errori attribuiti ai Begardi e alle Beghine, l'insegnamento ufficiale del Magistero definì che l'intelletto umano non può vedere Dio senza la speciale luce di gloria (cf DS 895). L'Occidente tende ad interpretare questa luce come qualcosa di creato, un abito soprannaturale che trasforma il nostro intelletto. L'Oriente identifica questa luce con Dio, mentre ammette una distinzione tra l'essenza divina inaccessibile e l'energia di Dio che è trasformante. Cf Abito; Esicasmo; Essenza ed energie; Palamismo; Visione beatifica.

Lumen gloriae. 

Cf Luce di gloria.

Luteranesimo. 

Quella forma di cristianesimo che si ispira a Martin Lutero (1483‑1546), iniziatore della Riforma in Germania. Dopo essere entrato negli Eremiti Agostiniani nel 1505, finì per diventare professore di Sacra Scrittura a Wittenberg, dove nel 1517 affisse le famose 95 tesi per protestare contro lo scandaloso commercio delle indulgenze. Fu scomunicato dal papa Leone X nel 1521. Il luteranesimo si diffuse in gran parte della Germania, come anche nei paesi della Scandinavia e della Finlandia. Assieme a comunità degli Stati Uniti e altrove, quasi tutte queste Chiese formano ora la Federazione Mondiale Luterana. Le dottrina tipiche del luteranesimo si possono trovare negli scritti di confessione luterana, specialmente la Confessione di Augusta (1530), l'Apologia della Confessione di Augusta (1531), gli Articoli di Smalcalda (1536) e i catechismi di Lutero. Possono essere sunteggiate in questo modo: la sola fede, o la giustificazione mediante la fede sola (non mediante le buone opere); la sola grazia, ossia la giustificazione unicamente mediante la grazia di Dio; la sola Scrittura, cioè la Bibbia (non le tradizioni umane) come unica norma autorevole della fede. Il Luteranesimo enfatizza la Croce di Cristo e l'asservimento umano al dominio del peccato. Accetta solo il battesimo e l'Eucaristia come sacramenti veramente istituiti dal Signore. Cf Concilio di Trento; Confessione di Augusta; Fede e Opere; Imputazione; Indulgenze; Legge e vangelo; Protestante; Riforma; Sola fede; Sola grazia; Sola Scrittura; Tradizione.